Recensione: The Avenger

Di Daniele Balestrieri - 5 Marzo 2004 - 0:00
The Avenger
Band: Amon Amarth
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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88

1998: l’insensato tramestio che dilagava tra i fans riguardo al futuro degli Amon Amarth si trasformò improvvisamente in un silenzio incredulo il giorno in cui Once Sent from the Golden Hall si abbatté sul mercato. Il Viking Metal aveva raggiunto una delle vette più incredibili della musica, e sugli Amon Amarth aleggiava uno spettro: replicare tale capolavoro nel loro album seguente.

marzo 1999: esce sul mercato The Avenger, album che doveva ripercorrere le impronte dei due “Sorrow Throughout the Nine Worlds” e il sopracitato “Once Sent from the Golden Hall“. Possono esserne sicuramente orgogliosi: anche se non è riuscito a eguagliare il loro capolavoro, sicuramente è un fottutissimo album di devastante death metal svedese con un fuoco vichingo dentro assolutamente inestinguibile. Avete presente la solita mistura viking metal, no?: si prende del black metal screamato/growlato e si mischia al folk più ispirato, condito di cori e di epicità. Ecco. Prendete questo mix e buttatelo dalla finestra: gli Amon Amarth suonano puro Viking Death Metal, un genere assolutamente sottosviluppato, del quale loro sono e rimarranno i re incontrastati. The Avenger è un’orgia di potenza, batteria, doppia cassa, rullanti mozzafiato (purtroppo niente Martin Lopez, da quest’album subentra il bravo, seppur non eccelso come Lopez, Fredrik Andersson), chitarre devastanti, ritmi tribali, assassini, martellanti, e growl potente, modulato ed eccezionale del mai troppo osannato Johan Hegg. Il CD si divide in otto tracce, o nove se avete la fortuna di possedere il digipak con l’inclusione di Thor Arise, devastante perla dei loro demo passati.

Chiunque conosca anche solo marginalmente gli Amon Amarth dovrebbe comprarlo a scatola chiusa: in Avenger si ripete la magia del Death scandinavo più brutale addizionato di chitarre melodiche, che trascinano in un vero uragano di adrenalina. Tra le tracce si annoverano alcuni tra i loro cavalli di battaglia più osannati e ripetuti nei concerti: “The Last With Pagan Blood“, “Bleed for Ancient Gods“, la fantastica, irriverente, mozzafiato “God, His Son and the Holy Whore” e “Avenger” semplicemente vi lasceranno senza fiato. Il tutto è orchestrato dalle sapienti, paganissime liriche di Hegg, il quale senza problemi dimostra il suo disprezzo verso la religione cristiana che ha invaso e distrutto la Scandinavia con false promesse e opportunismo lacerante. Siamo lontani dalle liriche ridondanti ed eccessive di molte pagan/heathen bands: qui il cervello di Hegg lavora con sapienza, specie con “Metalwrath“, canzone quasi sepulturiana nel suo incedere massiccio, greve, potentissimo, trascinante, e prende persino in giro gli Hammerfall con una esilarante parodia (“So let the false hammer fall / and we’ll make Thor arise”). In Metalwrath gli Amon Amarth si rivoltano come serpi in una cesta contro il nuovo metallo che sta inquinando il mercato odierno (Slipknot, Limp Bizkit e compagnia bella) e ribattono le leggi del vero, puro metallo di cui loro sono esperti portavoce.

C’è da dire davvero poco altro: death incalzante, melodico, furioso, combattuto tra scream e growl di altissimo livello. Qualche riff è poco convincente, specie all’ombra di Once Sent from the Golden Hall, ma rimaniamo sempre nel campo dell’eccellenza. Tuttavia, ritengo Avenger il disco inferiore degli Amon Amarth: per me “The Crusher” è leggermente più coinvolgente, per non parlare dello stupendo Versus the World. Cosa dire, siamo sempre lì: gli unici avversari degli Amon Amarth rimarranno sempre gli Amon Amarth: i loro album combattono tra loro, non trovando avversari degni da nessuna altra parte. Fate vostra questa perla, dischi così non escono tutti i giorni, e lasciatevi colpire da questo fulmine a ciel sereno.

Tracklist:
Bleed For Ancient Gods
The Last Wish With Pagan Blood
North Sea Storm
Avenger
God, His Son And Holy Whore
Metalwrath
Legend Of A Banished Man
Thor Arise (bonus track digipack)

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