Recensione: The Beginning
Se son rose fioriranno! Di sfioriture in casa Twilight Zone ne sono seguite svariate, lustro dopo lustro, a partire da quel lontano 1993, successivamente all’abbandono della prima denominazione (Stigma). L’accostamento floreale è ovviamente riferito all’esordio su full length, che avviene la bellezza di ventidue anni dopo l’esordio come band! In mezzo i classici demo d’ordinanza (i primi su musicassetta, tanto per rendere l’idea del tempo trascorso) e alcune partecipazioni a progetti vari.
Da sempre motore inesauribile del combo versiliano Stefano “SG” Giusti, bassista con un passato anche come chitarrista sempre negli ‘Zone. Accanto a lui, in questa prima avventura ufficiale, l’altro ormai storico membro Francesco Bovecchi (batteria), Lord Kain alla chitarra e Val Shieldon (già con gli Anguish Force) alla voce.
The Beginning, disco dal titolo senza dubbio beneaugurante, si accompagna a un libretto di otto pagine con tutti i testi, una foto nelle due centrali della band e vede la luce per la EBM Records, un’etichetta messicana.
L’album parte in quinta piena sulle note di Bow to Me, canzone forte di un ottimo songwriting che dà modo a Val Shieldon di dimostrare le proprie potenzialità, che risultano in piena sintonia all’interno di trame HM ove la melodia costituisce l’ingrediente principale della ricetta siderurgica, al di là della durezza del tessuto ove si incastona.
E’ poi la potente ascia di Lord Kain a squarciare l’aria in favore di Going to Hell, il pezzo più lungo del lotto, che avrebbe potuto dare di più se il singer non avesse voluto strafare e gli stessi Twilight avessero lavorato più a lungo sull’impianto generale. Bella comunque la parte arpeggiata a ¾ del pezzo che solleva un poco la valutazione di un episodio decisamente deludente.
Iperclassico l’inizio di Death Swarm, poi fuoriesce tutta la capacità del songwriting dei Twilight Zone, che danno il meglio su trame ariose, sulla falsariga di quello che seppero fare, e bene, i compatrioti Royal Air Force, qualche decennio prima. Under an Iron Cross è Mazzata HM di stampo Judas Priest, ottimo Val Shieldon sui registri medi, meno quando tira oltremisura. The Plague è la risposta dei viareggini ai Running Wild: velocità, asce impietose e una sezione ritmica assassina griffata “SG”/Bovecchi al servizio di un cantante orgogliosamente funzionale al brano. Insieme con il brano posto in apertura l’highlight di In Beginning, per lo scriba.
Gli Iron Maiden hanno influenzato migliaia di band, sin dai loro esordi, nel 1980: esempio è il pezzo River of the Pain. Cambio di registro, in chiave melodica, per quanto attiene The Blacklist, traccia numero sette del lotto, che per spiccare definitivamente il volo avrebbe dovuto essere stata curata maggiormente. Da un titolo come Chapter 1: The Gates of Hell, posto in chiusura, ci si potrebbe attendere di tutto: i toscani riescono a stupire piazzando ottime tastiere in apertura che tirano la volata a una canzone ispirata e dai tratti siderurgicamente celestiali.
The Beginning è disco difficile da decifrare appieno, anche dopo svariati passaggi nello stereo: accanto a brani azzeccati trovano posto netti cali di tensione, la prestazione ondivaga di Val Shieldon di certo non aiuta, così come una produzione sicuramente perfettibile non giova all’economia generale del lavoro.
Forti di un’attitudine dalle radici antiche, che va assolutamente preservata, va dato atto ai Twilight Zone di aver scritto un album che, se anche non cambierà le sorti della storia dell’HM tradizionale, sa piazzare alcuni colpi degni di nota, segno che una militanza ultra ventennale nella ridente valle dell’Acciaio fatto musica è pur sempre servita a qualcosa, o no?
Stefano “Steven Rich” Ricetti