Recensione: The Best of Foreigner 4 And More
Calma, ragazzi, non spingete, ce n’è per tutti. Lo so che non aspettavate altro che un’ennesima versione live e/o ri-registrata di successi dei Foreigner (o di qualsiasi altra band di classic-rock), ma non c’è bisogno di accapigliarsi, una copia per voi (fisica o … digitale) non mancherà.
Scherzi a parte: dato che i Foreigner, una delle formazioni che siedono meritatamente da quasi quattro decadi nell’Olimpo dell’ AOR (assieme a Journey, Toto, Survivor e Boston), hanno già annunciato di essere al lavoro su nuove composizioni, e dato che una manciata di anni fa hanno deliziato il pubblico grazie ad un lavoro inedito eccellente come Can’t Slow Down, perdoniamo a Mick Jones e soci di essere tornati, a poco distanza da un unplugged, a farci riascoltare canzoni arcinote.
L’attuale seven-piece, ricordiamo, è riuscito negli anni zero-zero a dar vita ad un proprio buon rilancio, soprattutto grazie all’attività live e all’inserimento delle loro canzoni come soundtrack di videogiochi (“a pa’, ma queste sono canzoni di Grand Theft Auto V” – mi dicono i miei giovani virgulti). Ha così scongiurato il rischio di destinato a finire nella seconda e terza fila delle band imbolsite da circuiti minori, ed in realtà, con il nuovo “The Best of Foreigner 4 and More”, hanno messo in piedi un’iniziativa di riproposizione un po’ atipica.
Il full-length, infatti, è incentrato prevalentemente sui brani del più grande successo della band, 4, numero uno nella classifica di Billboard nel 1981 o giù di lì, ma non li ripropone tutti, come succede in altre iniziative analoghe, scegliendo altresì un ampio florilegio delle tracce migliori. La “chicca” è che alcuni di questi brani non erano mai stati suonati live (o comunque lo erano stati raramente), e, pertanto, non sono rinvenibili nel profluvio di release dal vivo dei Foreigner.
Ecco, dunque, che dal multimilionario quarto platter della band approda, dopo una breve intro che cita tutti i brani di 4, Night Life in cui prepotenti riff chitarristici annunciano il tripudio d’entusiasmo del pubblico e di musicalità della band. Woman In Black, poi, scorre sinuosa ma sempre pervasa da quella grinta che caratterizza il suono di Mick Jones e compagnia.
Urgent elettrizza sia per l’incipit delle sei-corde che per il ritmo travolgente ed inconfondibile, ed è contrassegnata da una vera magnificenza di sax, suonato da Tom Gimbel, che sottolinea il flavour negroide del brano. L’adrenalina scorre a fiumi anche nella tirata Break It Up, meno frequentemente riproposta in chiave live.
Girl On The Moon, invece, pure meno consueta in concerto, è semi acustica e sospesa coerentemente al proprio mood.
Non poteva mancare qui, naturalmente, uno degli smash hit di 4, la morbidissima Waiting For A Girl Like You. In essa il cantante Kelly Hansen, ormai consolidato nel ruolo che ai tempi fu di Lou Gramm, riesce nella non facile impresa di arrampicarsi lungo tutte le note di tale memorabile ballata, resa inconfondibile anche da in giro di tastiere che vanta innumerevoli tentativi di imitazione in ambito AOR.
Menzione d’onore, altrettanto ovviamente, per l’apoteosi chitarristica e ritmica (e citazionistica) di Juke Box Hero, posta appropriatamente in conclusione.
Il resto del CD è costituito dal solito carosello di successi indimenticabili, da Cold As Ice (con l’organo di Michael Bluestein sugli scudi) a Hot Blooded (trascinante), da I Want To Know What Love Is (la canzone della band nota a chiunque abbia l’udito funzionante) ad una Say You Will riproposta come nel recente live acustico, ma questa volta ancor più addolcita dal delicato suono del flauto nella intro.
Dato atto della sostanziale irrilevanza di questo genere dei prodotti nel percorso creativo degli artisti proponenti e nella storia del rock, va detto che The Best of Foreigner 4 and More ha dalla sua parte suoni eccellenti (persino nel promo digitale del vostro recensore emergono con assoluta brillantezza, tra l’altro, i lavori delle due asce e del basso palpitante di Jeff Pilson) ed esecuzioni impeccabili. Queste ultime sono patinate come impone il genere musicale, ma sempre pervase da un’energia degna di rockers poco più che ventenni.
Insomma, nonostante tutto, se non avete mai ascoltato i Foreigner (ma dubito sia possibile) potete pure fare un primissimo assaggio qui. Ma con la prescrizioni di ripercorrere, poi, tutta la discografia in studio del gruppo, da Foreigner a Can’t Slow Down.