Recensione: The Black Mages II: The Skies Above

Di Luca Montini - 21 Settembre 2013 - 0:00
The Black Mages II: The Skies Above
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Anno: 2004
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70

Il DVD di Final Fantasy X entra nella Playstation 2 – console acquistata appositamente per l’ultimo capolavoro targato Squaresoft. Il led che diventa verde. Breve intro: ci accompagnano le commoventi note di “To Zanarkand” al pianoforte. Tidus osserva sullo sfondo le rovine della sua città natale in uno tra i momenti emotivamente più forti della fortunata serie videoludica:

“Listen to my story… this may be our last chance!”
 

Flashback in un’altra Zanarkand, futuristica, piena di luci. Qualche autografo interattivo. Entri nello stadio. Blitzball. Video introduttivo. Sin.
La cosa che ricordo più nitidamente del mio primo avvio di FFX quivi descritto sono le note del primo riff di “Otherworld”: un attacco di chitarre elettriche e growl sporco che bucavano le povere casse della TV, colta di sorpresa almeno quanto me. Mi accorsi solo allora delle potenzialità del formato DVD sulla nuova console Sony, che coi suoi 4 gigabyte abbondanti permettevano finalmente al genio dello storio compositore della saga Nobuo Uematsu di inserire colonne sonore con una resa audio ottimale, a fronte dei vecchi midi spalmati assieme ai dati di gioco dalle cartucce ai CD della passata generazione. Chissà cosa avrebbe potuto fare quell’uomo con una vera band metal? A breve avrei avuto la mia risposta.
Proprio in quel periodo, infatti – siamo nel 2002 –  Uematsu, assieme ai suoi colleghi in Squaresoft Kenichiro Fukui e Tsuyoshi Sekito, fondava i Black Mages: band strumentale che si proponeva di riarrangiare e suonare in chiave power-progressive metal i vecchi capolavori musicali di Final Fantasy. Nel 2003 usciva“The Black Mages”, album eponimo che riproponeva numerosi battle theme dei vari capitoli, magistralmente recensito su Truemetal da Riccardo Angelini; lettura introduttiva consigliata a chi non conoscesse il progetto. La nostra storia ricomincia da qui.

Dopo alcuni fortunati concerti in giro per il Paese del Sol Levante ed un live DVD pubblicato, la band rilascia nel 2004 il secondo lavoro, dal titolo: “The Black Mages II: The Skyes Above”. Anche in questo capitolo il materiale è attinto (quasi) esclusivamente dalle colonne sonore dei vecchi FF: laddove il primo album si concentrava esclusivamente su battle theme diretti e ritmati, qui gli episodi musicali sono di più varia estrazione, con la solita accoppiata vincente di musica strumentale pesante e synth spinti che richiamano i midi delle composizioni originali.
Tra le dieci tracce del primo Black Mages mancavano esponenti del terzo, del quarto e del nono capitolo. Per farsi perdonare la band recupera immantinente: apre “The Rocking Ground” che riprende fedelmente coi suoi incroci di chitarre elettriche, synth e cavalcate power metal l’avvincente tema di battaglia di FFIII. Sorprendente tuffo nel passato, se non altro per effetto nostalgia, assieme a “Zeromus” di FFIV. Altro battle theme, stavolta conosciuto solo ai nerd più incalliti giunti con impegno e dedizione al boss finale; brano che coi suoi giri di basso già dalla versione midi su console a 16 bit reclamava una riedizione in chiave hard rock.
Entrano i Chochobo, simpatici pennuti che non hanno bisogno di presentazioni per chi è arrivato a leggere la recensione fin qui: la spagnoleggiante “Vamo’ Alla Flamenco” è un brano che alcuni ricorderanno tediosamente per le sessioni del minigioco “Becca qui, Chocobo!”, insistente sulla sua melodia dalla chitarra acustica a quella elettrica, entrambe coinvolte anche in assoli a tema con un gran lavoro di percussioni (reali, a fronte della drum machine dell’album precedente) alle spalle, tanto da conferirgli nuova vita: uno tra i migliori episodi del disco. Ancora FFIX, ma stavolta nella città di Lindblum durante la “Sagra della Caccia” con il brano “Hunter’s Chance” che ripete pedissequamente l’originale irrobustendo la base ritmica.
Si manifesta al quinto brano il riff pesante col quale ho aperto la presente recensione: “Otherworld” tratto da FFX, brano che ha fatto decisamente discutere gli addetti ai lavori: il riff è il medesimo, ma la voce che recita il medesimo testo non è quella sporca ed aggressiva del gioco, ma quella più j-pop della misconosciuta cantante giapponese Kazco Hamano. Divagazione o disappunto?
Di nuovo chitarre acustiche in apertura per il mid-tempo “Matoya’s Cave”, brano (es)tratto dal primissimo FF, del “lontano” (almeno per l’industria videoludica) 1987, in continui botta e risposta tra synth e chitarre, con un sezione ritmica quadrata, costretta dai mezzi tecnologici dell’epoca. Torniamo all’ottavo capitolo con il dittico “The Man With the Machine Gun”, tema di battaglia più veloce esclusivo di Laguna Loire e “Maybe I’m a Lion” dedicato al vero protagonista del titolo Squall Leonhart. “Battle with the Four Fiends”, ATB che incede sul campo di battaglia di FFIV contro il cavaliere nero Golbez, brano che ricorda coi suoi assoli veloci ma con il dovuto senso della misura le sonorità del primo album.
Tralasciando “Blue Blast – Winning the Rainbow”, primo vero brano della band scritto per il kickboxer di K-1 Takehiro Murahama, la vera croce e delizia di quest’album è “The Skyes Above”, titletrack e brano più discusso dl platter.
Le intense e drammatiche note al pianoforte in apertura sono le stesse di “To Zanarkand” che accompagnano la citazione di Tidus in FFX con la quale ho aperto la recensione. D’un tratto un riff grezzo si impone in stile Manowar ed entra in scena la voce operistica di “Mr. Goo” (Tomoaki Watanabe), confezionando un brano power metal molto originale e toccante, certamente la bandiera di questo intero lavoro, da ascoltare con l’immagine nitida della città devastata da Sin in mente, fino allo straziante assolo finale, fino all’ultima nota di piano.

Impossibile negare che la lettura di quest’album sia intrisa di forti legami emotivi ed irrazionali pulsioni affettive, decisamente malcelate nel testo della recensione. Le stesse memorie che immagino abbiano spinto al massimo due o tre lettori a leggere fin qui e non “voltar pagina (web)” anzitempo. Nei confronti del primo album questo lavoro appare più controverso, tanto da dividere i fan riguardo la liceità di inserire due episodi cantati in un progetto altrimenti strumentale. Un lavoro meno omogeneo del primo a causa della maggior varietà di generi selezionati dalle OST, solo per metà battle theme; per certi aspetti più multiforme, capace di regalare diversi squarci di buona musica progressive-strumentale anche per chi non ha mai impugnato un controller in vita sua. L’esecuzione ed il suono sono molto puliti (lo stesso non si potrebbe dire dei live), buoni gli arrangiamenti: la qualità del songwriting è innegabile. Garantisce un certo Nobuo Uematsu, uno tra i più grandi maestri di colonne sonore della storia videoludica, uno che ha saputo scrivere file midi riprodotti dai chip di vecchie console, riuscendo nell’ardua impresa di plasmare quella povera materia digitale e soffiare su di essa un’anima per rendere le storie di Hironobu Sakaguchi quei capolavori che oggi sono universalmente riconosciuti.
 

“Just a legend cold words on a page
Lift up my eyes and I’m soaring away
On silver wings spread out to the sun
I’m leaving this city for the skies above”

 

Luca “Montsteen” Montini

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Genere:
Anno: 2003
80