Recensione: The Black Season
Altro mistero all’italiana.
Com’è possibile, infatti, che un ensemble dal clamoroso valore tecnico/artistico come i Wake Arkane non abbia un contratto discografico quando, soprattutto all’estero, una moltitudine di complessi tanto mediocri quanto anonimi stampino dischi su dischi? Siccome tentare di trovare una risposta a questa domanda sarebbe troppo complicato e, forse, inutile, conviene allora concentrarsi su quello che è uno splendido lavoro: “The Black Season”.
L’album, nobilitato dall’artwork di Spiros “Seth Siro Anton” Antoniou (Moonspell, Paradise Lost, Kamelot, The Foreshadowing) degli ellenici Septicflesh, è il primo manufatto del gruppo milanese, nato solo quattro anni fa ma in grado di sfornare musica dall’assoluto livello professionale. Il dovere di cronaca, oltre a quello di critica, impone di accennare alla preparazione dei cinque nostri formidabili musicisti, poiché lo studio approfondito del proprio strumento è propedeutico come null’altro, almeno a parere di chi scrive, per creare nel miglior modo possibile la magica vibrazione dell’aria sognata da Euterpe.
Helios Ingrassano è l’autore di quasi tutti i testi, che narra con una voce multiforme abbracciante growl, scream e clean, rabbiosa e sofferta. Luca Difato, insegnante diplomato di viola e violino, è un chitarrista dalla perfezione totale. Riccardo Rebughini, pure diplomato ma in chitarra, svolge il suo ruolo in modo virtuosistico non mancando, però, di sciorinare stupendi soli melodici e accattivanti (“The Numb Experience”), alla portata di tutti. Matteo Belloni, tecnico del suono, contribuisce in tal modo, oltre che con il basso, alla creazione del ‘Wake Arkane-sound’. Federico De Zani, infine, non ha nulla da invidiare ai più celebri e titolati batteristi di scuola prog.
Tutti assieme, danno vita a un gioco di squadra terribilmente consistente, giacché il muro di suono costruito presenta dimensioni sterminate nelle due direzioni principali e uno spessore di rara profondità. La potenza che ne deriva è difatti elevatissima ma, nonostante ciò, ciascuna delle infinite note che compongono la superficie di questo muraglione è perfettamente intelligibile. Frutto, senza dubbio – anche – , dell’esperienza del musicista/produttore svedese Dan Swanö (Edge of Sanity, Nightingale, Bloodbath) che ha masterizzato l’album presso i propri studi Unisound di Örebro e, inoltre, prestato la sua voce come guest in “The Numb Experience”. È stato un lavoro senza dubbio complesso, da parte della band lombarda, confinare la propria creatività in una forma al contrario ‘semplice’ ed esplorabile senza difficoltà in tutte le sue grandezze. Sì, poiché “The Black Season” è ben lontano da certi esperimenti astrusi senza capo né coda potabili esclusivamente per gli esteti più eterei. Invece, ascolto dopo ascolto, il disco entra sempre di più nel cervello costringendo la mente a intonare le sue melodie (“Human Dust Debris”) senza che la parte cosciente quasi se ne accorga.
Giusto riferendosi a questa canzone, si può a questo punto evidenziare il valore aggiunto posseduto dai Wake Arkane, capaci per l’appunto di andare oltre la propria fenomenale bravura tecnica per comporre brani dalla statura artistica straordinaria. Il death metal, così ben trapassato da elementi gothic e prog, si presta benissimo per elaborare melodie tanto piacevoli quanto significative. Circostanza che Ingrassano e i suoi compagni afferrano a piene mani, sfruttando a dovere una vena armonica fertile e geniale sì da rendere memorabili i quarantanove minuti di durata dell’album; tanto che non c’è nemmeno un singolo brano e tantomeno un suo più breve passaggio, da scartare. Le orchestrazioni elaborate da Belloni e poi rivestite dal vigore del suono degli Archimisti String Quartet agghinda tutte le song di un’enorme aurea di energia e melodiosità, giungendo a toccare l’acme con la meravigliosa “Berenice”, impreziosita dalla voce di Barbara Schera Vanoli dei Dama: un pezzo di gothic metal avente un’intensità emotiva tale che solo pochi act specificamente dedicati al genere siano mai riusciti a raggiungere. Il che, con semplicità, la dice tutta sulla capacità compositiva dell’ensemble meneghino, ingegnoso nel primeggiare in più di uno stile. E in più di un modo: dalla ‘canzone secca’ come “Berenice”, appunto, alla suite come “Diluvio”, passando per composizioni possenti e arabescate quali, per esempio, “Swallowed By The Afterglow”.
Alla fine, mentre le note di “Diluvio” si sciolgono come lacrime nella pioggia, resta una struggente sensazione di languida melanconia. Occorre, allora, cominciare daccapo con “Daucalion’s Fall” per chiudere il cerchio di un lavoro davvero immancabile nella collezione di chi ama la musica.
Di quella con la ‘m’ maiuscola, però.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Daucalion’s Fall 2:07
2. Apophis’ Monolithes 5:49
3. The Numb Experience 5:05
4. Human Dust Debris 5:57
5. Outshined 7:33
6. Berenice 5:32
7. Swallowed By The Afterglow 4:55
8. Diluvio 12:20
Durata 49 min.
Formazione:
Helios Ingrassano – Voce
Luca Difato – Chitarra
Riccardo Rebughini – Chitarra
Matteo Belloni – Basso/Tastiere
Federico De Zani – Batteria
Musicisti ospiti:
Dan Swanö – Voce in “The Numb Experience”
Barbara Schera Vanoli – Voce in “Berenice”
Archimisti String Quartet:
Nicola Paolicelli – Violino
Maria Cristina Rallo – Violino
Luca Difato – Viola
Antonino Saladino – Violoncello