Recensione: The Calling
Arrivano dal New Jersey gli Operatika, band che finalmente raggiunge l’obbiettivo del debutto ufficiale con questo The Calling, un album che richiama fortemente i Nightwish e gli Epica soprattutto per la voce lirica e l’utilizzo di orchestrazioni. Le parti metal invece sono decisamente più pesanti rispetto ai maestri finlandesi, in particolare nel notevole uso della doppia cassa e nei riff rocciosi della chitarra seguiti sempre da innumerevoli virtuosismi. Non brillano certo per originalità quindi, ma a parte questo (un album può essere bello anche se non è originale), sono le canzoni in se a non convincere fino in fondo (a questo va aggiunta una produzione non impeccabile). Sicuramente sono ben costruite, la band dimostra grandissime doti tecniche (in alcuni punti richiamano anche band come Symphony X e Kamelot) ma alla fine dell’ascolto non rimangono bene impresse, a volte non si ha una chiara distinzione tra i vari brani, a causa soprattutto della loro omogeneità e per una struttura portante che non sempre rende giustizia allo sviluppo del brano in tutta la sua durata.
Questa prima parte non vuole essere una stroncatura sul nascere, semplicemente ho ritenuto opportuno chiarire subito come suona il prodotto, e i suoi difetti.
I pregi li possiamo ritrovare, come detto in precedenza, nella padronanza tecnica che mostrano i ragazzi, dalla vocalist Slava Popola, brava anche se a volte poco personale, al funambolico chitarrista Bill Visser, che ci delizia con riff rocciosi e assoli velocissimi di malmstiniana memoria, anche se in alcuni punti purtroppo esagera nella lunghezza, rendendo i pezzi un po’ troppo prolissi.
Vi sono piacevoli passaggi come l’aggressiva e veloce Gladiator, che parte con un riff di chitarra davvero heavy e che subito vuol fare capire come il gruppo tenti un approccio più duro a discapito delle orchestrazioni, la più cadenzata Tears Of The Sun dove si cerca di dare un tono più epico alla proposta musicale degli Operatika, con discreti risultati.
Esibizione di bravura tecnica da parte del chitarrista è l’intermezzo No. 3/23 In A Minor mentre la seguente Mask In The Mirror può essere considerato il brano migliore dell’album per chi scrive. Ottime sono infatti le orchestrazioni che aprono il brano seguite poi dalla band nel suo incedere veloce in pieno stile power. La strofa oscura cresce di intensità fino al chorus dove la doppia cassa e riff rocciosi accompagnano la bella voce di Slava Popola. Buone sono anche l’evocativa Secrets Of The Past e la conclusiva Last Quest, grazie alla sua epicità che si miscela bene con la velocità a cui i nostri proprio non sanno rinunciare.
Vi sono però i restanti brani dell’album che, se da una parte sono costruiti a puntino, dall’altro lasciano un po’ l’amaro in bocca in quanto tra di loro non si differenziano più di tanto, creando quindi una sorta di smarrimento durante l’ascolto.
In definitiva quindi l’album non è da bocciare, come precisato ci sono momenti godibili, in cui gli Operatika dimostrano di essere in grado di scrivere brani convincenti. Bisogna lavorare sul songwriting però, renderlo più eterogeneo o comunque riuscire a dare ai brani una propria identità in modo da consentire di apprezzare al meglio la loro interessante proposta. I numeri ci sono, ora tocca alla band lavorare sodo. I fan di Epica e Nightwish possono dare un ascolto a questo album, io aspetto una loro crescita artistica in modo da poterne parlare con altri toni.
Roberto “Van Helsing” Gallerani
Tracklist:
1.Intro
2. Gladiator * MySpace *
3. Tears Of The Sun * MySpace *
4. Dark Horizon * MySpace *
5. Ice Queen
6. Life Saving Me
7. No. 3/23 In A Minor
8. Mask In The Mirror
9. Secrets Of The Past
10. The Storm
11. The Calling * MySpace *
12. Last Quest