Recensione: The Carrion Sky

Di Davide Iori - 20 Febbraio 2009 - 0:00
The Carrion Sky
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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70

Giovani e volenterosi i My Mind’s Weapon si presentano sulle scene con un disco che riprende tutti i più classici stilemi del

metalcore e che dunque si colloca in un genere ben definito che ne costituisce la cifra sia in positivo che in negativo.

Escludendo infatti i rallentamenti alla Killswitch Engage in corrispondenza dei ritornelli (non presenti in questo platter) i

nostri ci presentano tutta la lista degli elementi che tipicamente si ritrovano in un album del genere suddetto: dall’alternanza

scream/voce melodica ai breakdown, da un certo tipo di riffing fino alle classiche parti alla Unearth nelle quali il cantante

assume un timbro praticamente da parlato canonico (solo un po’ più teatrale diciamo) e “carica” l’ipotetico pubblico in ascolto

con frasi recitate in maniera emotivamente sempre più sentita, preludendo al ritorno della musica. Un esempio tra i tanti di ciò

potete trovarlo su Alpha Centauri al minuto 1:55.

Parliamoci chiaro: in questo The Carrion Sky l’originalità viene defenestrata senza mezzi termini ed i My Mind’s Weapon

affidano il loro successo alla facile ascoltabilità delle loro canzoni, nonchè al fatto che, nonostante tutto, dimostrano di

essere al livello di molti dei più blasonati acts del genere. Questo naturalmente mette il pubblico davanti ad una scelta, ossia

se ignorare un gruppo che non inventa assolutamente nulla oppure se premiare qualcuno che comunque ci mette in mano un album ben

suonato e prodotto in maniera eccellente. Come già detto i nostri, tranne qualche uscita un po’ più originale, come ad esempio lo

stacco pulito al minuto 2:10 di Six-O-Two su un tema che poi viene ripreso in distorto con un bell’assolo che ricordaun

po’ i Dream Theater più aggressivi, si attestano su elementi già abbondantemente esplorati da tutta la scena Metalcore

nell’ultimo decennio ed alle volte diventano pure spudorati in questo, come ad esempio quando in At Least You’re Not Dead

si esibiscono in un ritornello che verrà certamente bollato da più di un ascoltatore come uno di quei famigerati “Coretti

Fighetti” che tanto poco hanno a che fare con il metal. L’emblema di tutto ciò è la canzone Lucy Like Kokura, un pezzo in

cui i nostri mostrano il loro meglio (ossia un altro stacco pulito che porta il pezzo su atmosfere rilassate, quasi balneari), ma

anche il loro peggio, ossia l’ennesima parte melodica cantata con voce da sbarbatelli, davvero insopportabile.

Che dire dunque? I My Mind’s Weapon sicuramente hanno classe e tiro, ma sono una band che, a modesto parere di chi scrive, non

può assumere un rilievo internazionale per il semplice fatto che ogni paese al giorno d’oggi (Italia compresa) ha band in grado

di far loro concorrenza o di superarli sul loro stesso terreno. Esempi nostrani? Fightcast, Figure of Six,

Stigma o, se vogliamo andare un po’ più sul pesante, Abel is Dying e Damned Spring Fragrantia. Nonostante

ciò sembra ingiusto togliere a cesare quel che è di cesare, quindi voto discreto a questi ragazzi scozzesi, specificando che,

prima di andare all’estero a cercare gruppi di questo tipo, farmmo meglio a valorizzare quanto abbiamo in casa.

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Tracklist
1- The Karman Line
2- Silhouettes of Enemies
3- At Least you’re Not Dead
4- Alpha Centauri
5- Six-O-Two
6- …Ex Inferis
7- The Killing Horizon
8- A Sense of Wonder
9- Lucy Like Kokura
10- Goodbyes

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