Recensione: The Chain Goes On
Avere fra i propri ranghi un cavallo di razza come Daniele Ancillotti da Prato, residente a Empoli da un’eternità, farebbe la felicità di qualsiasi band dedita al Metallo nella sua veste più pura e tradizionalista nel momento in cui dovesse essere nella necessità di trovare un cantante. Meglio conosciuto come Bud, il Nostro anni e anni fa muove i primi passi con la Bud Blues Band fino a quando i fratelli Cappanera di Livorno lo notano e si segnano nell’agenda il Suo nome. Nel momento in cui avviene lo split con Johnny Salani, il primo cantante della Strana Officina, anch’esso notevole interprete, vi è l’entrata di Daniele in maniera quasi naturale e da lì nasce una storia italiana irripetibile, che porterà il gruppo a essere considerato fra i monumenti dell’HM tricolore.
Dicevo di Bud, cantante vecchio stampo dal feeling incredibile… oltre al combo livornese altre due band possono vantarlo dietro al microfono entrambe “Sue”: Bud Tribe e Ancillotti. La recensione riguarda per l’appunto l’esordio dell’ensemble portante il cognome di casa – unico non Ancillotti il fratello di sangue Ciano Toscani alla chitarra – su full length, sotto l’egida della tedesca Pure Steel Records. La versione del disco in vinile sarà disponibile a partire dal 24 marzo 2014 tramite Jolly Roger Records.
A completare la line-up un’altra vecchia triglia dell’acciaio italiano quale Sandro Ancillotti detto Bid, al basso, fratello di Bud e, per finire, il figlio dello stesso Daniele Brian, alla batteria, già alle prese con il come-back dei corregionali Shabby Trick.
A distanza di un anno e mezzo circa dall’Ep Down This Road Together, vede la luce l’album The Chain Goes On, contenente undici tracce fra le quali vengono ripescate anche quelle presenti nell’uscita del 2012. L’anticipazione del disco già era stata fornita su questi schermi grazie allo studio report dell’amico e prezioso collaboratore Fabio Guerreschi, qualche tempo fa, a testimoniare la bontà della proposta siderurgica di casa Ancillotti.
L’inizio è all’arma bianca: Bang Your Head è un pugno nello stomaco di proporzioni gigantesche. Chitarre affilatissime in modalità Krokus periodo Heart Attack, velocità sostenuta e un coro Rock Arena dal pugno borchiato fisso al cielo. Il probabile manifesto degli Ancillotti dal vivo, per lo scriba.
La differenza fra il combo toscano e tante altre band dedite all’HM classico risiede nelle radici: il retrogusto Blues o lo si ha nel sangue oppure non lo si inventa sul momento, Cyberland, nonostante la sostanza e la potenza è lì a dimostrarlo. Tornando all’incipit, ascoltare attentamente Victims of the Future significa apprezzare la versatilità di Daniele, punto. Dopo la mazzata a la Ozzy solista dei tempi facenti capo a The Ultimate Sin chiamata Monkey è la volta della saxoniana Legacy of Rock, già edita su Down This Road Together.
Liar è molto vicino a quanto già scritto per la Bud Tribe in chiave Thin Lizzy, I Don’t Wanna Know rappresenta uno dei picchi di The Chain Goes On: potenza, melodia, un hook accattivante e la solita, inimitabile e calda, prova di Daniele Ancillotti al microfono. Scorre l’hard rock di Devil Inside senza lasciare particolarmente il segno e chiusura affidata a tre reprise dall’Ep del 2012: si parte con la Metal Brigade contenuta in Warrior per proseguire sulle note dello struggente lento Sunrise, per finire con la fottutamente ottantiana Living for the Night Time.
The Chain Goes On non delude le aspettative, dimostrandosi album variopinto pur rimanendo senza ombra di dubbio all’interno del sacro seminato, proprio quello che Bud, Bid e Ciano – Brain rispetto ai tre ha iniziato da poco, solo per motivi anagrafici – da anni e anni curano amorevolmente, laggiù, in fondo alla Via dell’Acciaio…
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Stefano “Steven Rich” Ricetti