Recensione: The Cold White Light
L’attesa per il nuovo album dei Sentenced era molto alta prima dell’uscita di “The Cold White Light”, perchè dopo due ottimi album come “Frozen” e “Crimson” era lecito aspettarsi molto da questa band finlandese. Ci troviamo tra le mani un disco bellissimo, a tratti sperimentale, emozionante, con elementi sia di Gothic metal sia di rock pià classico, con testi pessimistici e decadenti e un’attitudine oscura eccelsa come è nella tradizione dei Sentenced.
Veniamo ora a descrivere le undici canzoni una per una. La breve intro Konevitsan Kirkonkellot, che riprende una musica tradizionale scandinava, ci proietta subito all’interno della splendida Cross My Heart And Hope To Die, brano molto oscuro, con un intro calma e inquietante, poi una strofa molto accattivante ed un chorus esplosivo che mischia emozioni diversissime, dominato dalla voce profonda ed ispirata di Ville Laihiala. Il brano parla del desiderio di morire in seguito alla perdita di una persona cara, un tema tipico del gruppo che spesso vedremo ricomparire nelle lyrics di questo album. Viene poi la bellissima Brief Is The Light, altro brano soffertissimo ed intenso, a mio giudizio il miglior brano dell’album, con una prova vocale eccelsa e un chorus molto catchy ma indimenticabile. Semplicemente meraviglioso. Poi, un episodio un pò strano, la potente Neverlasting, in cui il gruppo mostra di saper suonare oltre a metal cupo e crepuscolare anche rock molto aperto e schitarrante, questo brano alterna potentissimi muri di chitarre ad assoli di basso ed è sicuramente il più aggressivo e diretto dell’album. Poi arriva Aika Multaa Muistot [Everything Is Nothing], brano di grandissima atmosfera e ancora una volta sofferto, praticamente una power ballad (stupenda…non c’è che dire!). Arriva dunque la bella Excuse Me While I Kill Myself, brano abbastanza scorrevole e piacevole ed intriso di humour nero, ideale da proporre dal vivo. Non è un brano particolarmente oscuro. Viene poi Blood & Tears, un altro brano di rock molto diretto ed orecchiabile, un altro pezzo molto valido da proporre live, catchy ed aggressivo in dosi molto equilibrate. Arriva una ballad molto classicheggiante, You Are The One, su cui non posso dire molto, comunque è un ottimo brano e dominato dagli arrangiamenti di tastiera. Guilt and Regret inizia con un pianoforte e tratta di una tematica insolita, cioè quando si beve e non si riesce a ricordare niente. Per accompagnare questo tema la canzone è adattissima, un altro brano sofferto e interpretato alla grande da Ville. Le chitarre formano un tappeto su cui il cantante può stendere la sua bellissima voce, formando un connubio fantastico. E’arrivato il momento di The Luxury Of A Grave, brano dominato dai riffs orecchiabili, con un testo ai limiti dell’humour nero (basta leggere il titolo…). E un altro grande brano è servito. Si chiude con No One There, un arpeggio delicatissimo la introduce accompagnato dalla voce, dopo un minuto e mezzo arrivano le chitarre a riproporre il tappeto già visto in Guilt and Regret, ma guai a dire che è la sua fotocopia! Bellissimo il finale con un azzeccatissimo accompagnamento di pianoforte.
Così si conclude un album-capolavoro, ennesimo disco da avere prodotto da una band di grandissima qualità. Deluderà poca gente, e la gente delusa farebbe bene ad ascoltarselo più volte, perchè qui davvero servono più ascolti.
Uno dei migliori album dell’anno, senz’ombra di dubbio. Un 90 lo merita tutto.