Recensione: The Concealers
Terzo full-length per i Dååth, formazione statunitense che già aveva attirato l’attenzione di pubblico e critica con la release del precedente The Hinderers non tanto per la proposta musicale adottata, ma piuttosto per una produzione affidata alle mani di James Murphy. Disco, questo nuovo The Concealers, che innanzitutto segna il passaggio di etichetta da Roadrunner a Century Media più, come vedremo, un piccolo cambio di rotta per quanto riguarda il sound.
C’è da dirlo, il combo di Atlanta non si è messo in luce soltanto per via della prestigiosa collaborazione con Murphy, né tanto meno grazie al contratto con la Roadrunner Records; sebbene questi possano essere sicuramente dei fattori che offrono una buone dose di visibilità a qualsiasi band in circolazione, i Dååth sono riusciti ugualmente a mettere in bella mostra un’ottima padronanza dello strumento e una capacità compositiva decisamente personale, seppur non così distante dagli standard del genere. È quindi cambiato qualcosa rispetto al disco precedente? Ben poco. Se da una parte il gruppo ha deciso di abolire quasi totalmente il massiccio uso delle parti elettroniche (qui ridotte ai minimi termini), dall’altro ha preferito affidarsi ad una formula più sicura e quindi vincente, senza troppo cambiare le coordinate stilistiche da sempre adottate (anche da tante altre band in circolazione). Insomma, il sound risulta essere un po’ più “scarno”, rimanendo ugualmente di forte impatto, molto più violento e diretto. Come già si era visto con il disco precedente, anche in questo caso a mettersi risalto è l’abilità tecnica dei singoli elementi, sopratutto per quanto riguarda l’ottimo lavoro di chitarre e batteria, il tutto ben supportato da una produzione moderna e curata nei minimi particolari che viene affidata alle mani della coppia Jason Suecof/Mark Lewis (Trivium, All That Remains, Devildriver).
Gli undici brani a disposizione spaziano fra le diverse influenze dalle quali attingono i cinque statunitensi: ci sono le escursioni melodiche dell’opener Sharpen The Blades e della stessa title-track, le parti tecnicamente più elaborate di The Unbinding Truth e Wilting On The Vine (entrambe fra gli highlight dell’intero lavoro) e gli inserti industrial di Duststorm che fanno da preludio per la dirompente … Of Poisoned Sorrows, anch’essa caratterizzata dagli effetti di tastiera che richiamano alla mente il precedente The Hinderers. Per quanto riguarda le restanti tracce a disposizione, la band continua a mantenere la propria rotta fissa su territori sempre a cavallo fra il death metal old-school e soluzioni più moderne e, in molti tratti, vicine al metal-core: brani sempre ben bilanciati fra potenza e melodia quindi, che non fanno gridare certamente al miracolo, ma che comunque risultano essere ben strutturati e coinvolgenti al punto giusto.
Insomma, nessuna novità in vista. I Dååth preferiscono quindi andare sul sicuro e puntare su di una formula che difficilmente può fallire, senza badare troppo all’evoluzione del proprio sound. Nonostante la proposta musicale risulti essere molto derivativa, senza pretendere di stupire a tutti i costi, The Concealers è comunque a tutti gli effetti un disco suonato ottimamente, che si mantiene su livelli qualitativi piuttosto buoni e, sopratutto, nettamente superiori rispetto ai tanti gruppi-clone che invadono continuamente il mercato odierno.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 Sharpen The Blades
02 Self-Corruption Manifesto
03 The Worthless
04 The Unbinding Truth
05 Silenced
06 Wilting On The Vine
07 Translucent Potency
08 Day Of Endless Light
09 Duststorm
10 … Of Poisoned Sorrows
11 Incestuous Amplification