Recensione: The Conductor’s Departure
Continua il viaggio della Earache (e delle sue sottoetichette) verso i
confini della sperimentazione nell’estremo: anche se in questo caso non stiamo
parlando delle frontiere dell’avanguardia, ma “semplicemente” di una band
che tenta di ridefinire parzialmente i limiti del proprio genere, il death metal
nella sua accezione più tecnica ed elaborata.
Gli Anata non sono nuovi al mercato metal, tutt’altro, e gli
appassionati brutallari sapranno bene che Under A Stone With No
Inscription ha lasciato a bocca aperta più di un recensore: tecnica
appunto, ma anche sane infusioni di melodia e di intelligenza nel loro
songwriting. Questo The Conductor’s Departure cresce di ascolto
in ascolto, mostrando sfaccettature ancora inesplorate nel sound di questi
svedesi, rivolti oggigiorno ad un’immagine quantomeno insolita per il death
metal: attacchi come quello di Better Grieved Than Fooled sono da impatto
immediato, ma è la loro capacità di inserirsi subdolamente negli arrangiamenti
a far durare quest’album nel tempo. Manca forse un pizzico di potenza in più,
per un suono che si sta via via facendo sempre più “progressivo”: una
questione di produzione (pulitissima, per carità), ma anche di ritmiche non
troppo robuste, in certi passaggi; passaggi che a volte si fanno un po’ troppo
intricati, quasi prolissi.
I suoni sembrano a volte voler assecondare la voglia progressiva della band
svedese perdendo per strada la loro origine estrema, il che conferisce al tutto
un sentore di “sbagliato”, di “fuori luogo” che fatica a
lasciare l’ascoltatore e permettergli di premere di nuovo Play, alla fine del
disco. Anche brani oggettivamente molto buoni come Downward Spiral into Madness,
Disobedience Pays o l’articolata title-track rischiano quindi di perdere
un po’ del necessario tono, in questo senso; il che è un peccato, dato che il
talento compositivo del quartetto si spreca.
Luci ed ombre quindi sugli Anata, per quanto The Conductor’s
Departure spicchi immediatamente tra le uscite del periodo: dallo
splendido artwork sino al gusto compositivo, tutto è da apprezzare con piccoli
sorsi. Una conferma, seppur con qualche riserva.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Downward Spiral into Madness 05:28
2. Complete Demise 04:29
3. Better Grieved than Fooled 05:57
4. The Great Juggler 06:00
5. Cold Heart Forged in Hell 05:00
6. I Would Dream of Blood 05:30
7. Disobedience Pays 05:19
8. Children’s Laughter 01:44
9. Renunciation 05:44
10. The Conductor’s Departure 08:29