Recensione: The Crest
Ennesima uscita marchiata Axel Rudi Pell sul mercato, il titolo è The Crest e la copertina, incredibilmente, si distacca dalle tematiche del passato per abbracciare un’ambientazione medievale a la Hammerfall. Artwork molto ben riuscito, peraltro, a firma di Martin McKenna. Per quanto attiene la ricetta musicale del biondo ossigenato proveniente da Bochum nulla cambia rispetto alle ultime produzioni e, in generale, all’interno del suo percorso artistico.
Dopo l’immancabile intro, Too Late irrompe alimentandosi di riff affilati come rasoi e cori epici di sottofondo, fino a tirare la volata a quel fenomeno dell’hard melodico che è Johnny Gioeli, consegnando già come incipit un brano dal refrain che si fissa nella capoccia e vi ronzerà alla grande per tutto il dì. Prima di dose di miele – al castagno, quello un po’ più “cattivo” – come da antica ricetta teutonica con Devil Zone laddove l’ottimo singer sfiora l’immenso Ronnie James Dio del periodo The Last in Line. Prisoner Of Love gode del dualismo fra la chitarra di Axel e le tastiere, poi solito refrain dall’hook inconfondibile mentre mazzate di batteria a la Black Sabbath era Headless Cross dettano il ritmo all’interno di Dreaming Dead, con l’ascia a interloquire scomodando anche l’incedere di certi Manowar.
Nel momento in cui il pianoforte si impossessa della scena nei primi passi di Glory Night scatta automatico il ditino sull’accendino con scottatura regolare, fino alla fine dei cinque minuti e passa di durata. Il classico brano che si pretende che un disco di Axel Rudi Pell contenga, proprio perché si sono sborsati quasi venti Euro per godere di certe, scontate ma infinite, emozioni. E l’ormai stabilissima coppia Gioeli/Pell di certo non delude le attese consegnando ai posteri l’ennesimo pezzo pronto per la prossima compilation, fra un paio d’anni. Metallone sul muso nella successiva Dark Waves Of The Sea Sea (Oceans Of Time Pt. II: The Dark Side), compresa una simpatica reprise del pezzo Oceans Of Time del 1998. Burning Rain è la summa dell’up tempo di default made in Wastfalia del nord, nell’occasione impreziosito dalla voce di Gioeli con effetto eco. Segue la strumentale Noblesse Oblige (Opus #5 Adagio Contabile), poi chiusura del ponte levatoio grigio fra le bordate di Mike “Octopus” Terrana e le trame oscure di The End Of Our Time, un mid tempo assassino e inesorabile.
Axel Rudi Pell possiede una costanza nella ripetitività che non delude quasi mai, come nel caso di questo The Crest. This Is What You Want… This Is What You Get. E chi se ne frega. Questo pare il messaggio dell’intera carriera dell’axeman germanico: che vadano a farsi fottere quelli che si aspettano puntualmente chissà quale novità da qualsiasi Sua uscita. All’anno prossimo, qiondi, per un altro full length in studio, sempre uguale ma con la copertina diversa, piuttosto che un Best Of o un ulteriore Dvd live. Axel Rudi Pell è come la Porsche Carrera: esiste da un vita ma vanta ininterrottamente una vasta pletora di estimatori.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Prelude Of Doom (Intro)
2. Too Late
3. Devil Zone
4. Prisoner Of Love
5. Dreaming Dead
6. Glory Night
7. Dark Waves Of The Sea (Oceans Of Time Pt. II: The Dark Side)
8. Burning Rain
9. Noblesse Oblige (Opus #5 Adagio Contabile)
10. The End Of Our Time
Line-up:
Johnny Gioeli – voce
Axel Rudi Pell – all guitars
Fedry Doernberg – tastiere
Volker Krawczak – basso
Mike Terrana – batteria