Recensione: The Crusher

Di Hogan Steel - 20 Ottobre 2001 - 0:00
The Crusher
Band: Amon Amarth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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80

Dalle fredde terre del nord, dalle regioni dei fiordi, dalla patria di Thor, Odhinn, Loki e tutto il pantheon nordico, scendono a noi le violente, devastanti, inarrestabili e pagane melodie degli Amon Amarth, quello che io considero il più grande gruppo di Death Metal (anche se ho trascorso e trascorrerò notti insonni a pensare al come mai un gruppo che con il fantasy non ha niente da spartire si sia chiamato Amon Amarth , nome tratto dalle storie Tolkieniane che significa “la montagna del fato”).
Potremmo considerare “The Crusher” un concept album, anche se non presenta una storia che si dipana “chiaramente” tra i vari brani (anche se in ogni pezzo si possono facilmente trovare richiami a quelli che lo precedono), per il fatto che costituisce una raccolta di inni di anime pagane contro l’invasore cristiano, contro colui che invade le terre del nord, cerca di sottometterne i popoli e di imporre loro una religione straniera. Gli Amon Amarth capitanati dalla ruggente voce di Johan Hegg ricreano perfettamente in The Crusher l’atmosfera che grava su un popolo in guerra non solo contro un altro popolo, ma soprattutto contro una differente ideologia e religione che verrebbe imposta loro con il solo scopo di dominarli.

Il tono dell’album è evidente fin dai primi versi del primo pezzo (forse uno dei migliori), “Bastard of a lying breed”, in cui non solo il testo una volta memorizzato è impossibile da scacciare dalla mente, ma anche le linee melodiche vi cattureranno e costringeranno il vichingo che è in voi a lanciare terrorizzanti urla di guerra. Continua poi l’inno pagano con “Masters Of War”, un vero e proprio canto di guerra che incita allo scontro e con quella che forse è la canzone più violenta (non a livello musicale ma come testo) : “The Sound of Eight Hooves”; storia di un prete cristiano nel nord costretto a fuggire inseguito da cani e guerrieri dopo aver cercato di portare la propria fede tra i seguaci di Odhinn, una fuga in lacrime di terrore tra rovi e gelidi ululati che si conclude in una radura al cui centro, appesi ad una gigantesca quercia, il fuggitivo vede tre sacerdoti di cristo accanto ai quali viene presto impiccato. La canzone termina con la morte del prete che vedendo una luce si illude di aver incontrato il suo dio, illusione presto dissolta dall’apparizione di due corvi (Huginn e Muninn, i due volatili che accompagnano sempre Odhinn) dagli ululati di lupi e dal giungere di un guerriero dall’unico occhio brillante di fiamme al galoppo nel cielo (una delle tante rappresentazioni di Odhinn).
L’impeto anticristiano si fa sempre più acceso nei pezzi che seguono “Risen From The Sea”, “As Long As The Raven Flies”, “A Fury Divine” fino alla potente “Annihilation of Hammerfest”, uno dei pezzi migliori dell’album, in cui Mjölner (il sacro martello del distruttivo dio Thor) viene erto nuovamente a guida degli eserciti pagani. Bellissima la preghiera vichinga del dio prima di afferrare il maglio sacro :

“Allvise Ygg, Mäktige Härjafader
Gudar av Asars och Vaners ätt
Hör mina ord, när som jag svär
Att om tusen vintrar åter ta vår rätt”

La cui traduzione (ringrazio Fenrir per avermela fornita) dovrebbe essere :

“Oh Ygg Onniscente,Oh Potente Padre della Devastazione
Degli Dei, della Stirpe degli Asi e dei Vani,
Ascolta la Mia Parola Quando Io Giuro
Che l’Odio Scorrerà per Mille Inverni”

“Annihilation of Hammerfest” sembra trovare un seguito naturale negli ultimi due pezzi, “The Fall Through Ginnungagap” e “Releasing Surtur’s Fire”, in cui, dopo eoni, il dio Thor torna a guidare le armate immortali nell’ultimo scontro decisivo, il catastrofico evento che pone fine all’era degli dei Asgardiani per lasciare spazio alla purificazione, il Ragnarok. Il titolo stesso della canzone, e la sua parte finale si riferiscono infatti a quando il dio Surtr (nome originale di Surtur) appicca fuoco al mondo con la sua spada fiammeggiante, uccidendo i superstiti con il suo fuoco purificatore e dando il via ad una nuova era per l’umanità. Il cd termina con la bonus track “Eyes Of Horror”, bella, certo ma forse un po’ anonima.
Ottimo Cd quindi che vi consiglio caldamente, anche se vi devo purtroppo far notare un’unica pecca che ne compromette un po’ la grandiosità, il fatto che bene o male le canzoni sono sempre molto simili tra di loro e assomigliano a quelle degli album precedenti, acquisendo quindi una monotonia che a lungo andare ne mina il piacere di ascoltarlo. Rimane comunque il fatto che se siete indomiti spiriti pagani, guerrieri di una fede antica e sostenitori del Death Metal non potete esimervi da inserire questo Cd nello stereo, correre per la casa urlando a squarciagola e dimenando grossi coltelli da cucina a mo’ di asce da battagli, allo stesso modo, se siete abituati a “melodie metal tranquille” e vocine soavi allora beh forse i riff di chitarra di Mikkonen e Soderberg potrebbero non incontrare il vostro gradimento, e lo stesso problema potreste avere nell’istante in cui il ruggito di Hoegg inizia a scuotere le casse

Hail to All the True Viking Brothers!
Hail a Fenrir, insegnante di mitologia nordica

Hogan Steel

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