Recensione: The Curse Of The Gift

Di Daniele D'Adamo - 15 Agosto 2007 - 0:00
The Curse Of The Gift
Band: Shiva
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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82

Shiva è un nome molto comune, nel panorama musicale mondiale. La band in questione, che ha lo stesso nome del dio del pantheon indiano, è di origine svedese, ed è precisamente di Jönköping.
Il gruppo, nato nel 2002 con una formazione a due (Anette Johansson, lead and background vocals e Mats Edström, guitars), mette subito alla luce due album: ”Shiva” (2002) e ”Desert Dreams” (2004).
E’ tuttavia con l’innesto degli altri musicisti, Niclas Olsson alle tastiere, Mats Ottosson alla chitarra, Mattias Höijer al basso e Mikael Malmborg alla batteria, che il sound della band assume il proprio ben definito e maturo carattere: Hard Rock, di stampo moderno, potente e decisamente melodico, con passaggi sfumati di sapore vagamente orientaleggiante.
Con questa formazione viene dato alle stampe ”The Curse Of The Gift”, l’album soggetto di questa recensione.
Il disco rappresenta l’apice compositivo dell’idea che originariamente avevano i due fondatori, ove il songwriting è la componente primaria e raffinata della musica, reso duttile e malleabile dalla caldissima voce di Anette Johansson, capace sia di raggiungere altissime tonalità senza perdere di profondità, che di essere aggressiva nei momenti più Metal dell’album.

Il platter si apre con ‘When Tomorrow Never Comes’, caratterizzata da un riff duro e potente di chitarra e da un growl maschile, ad inizio e fine canzone, che però sarà l’unico per tutto l’album. Quindi, la voce di Anette prende il sopravvento nella sua unicità nell’interpretare le maestose melodie della canzone, arricchita da gradevoli intarsi di chitarra classica nel break centrale. Dopo un rapido intermezzo intitolato ‘Prelude’, la terza traccia è ‘Kill The Past’, movimentata e dinamica, con le chitarre sempre ben presenti e potenti, e sempre lei, Anette, a rendere maestose e variegate le melodie scritte.
A seguire, è il turno di ‘Black Widow’, song in cui lo stile generale non cambia, ma anzi aumenta di intensità, soprattutto nell’uso delle tastiere e dei cori, e nella capacità della cantante di adattarsi simultaneamente ai vari tempi del brano, arricchito da parti di chitarra che impreziosiscono il songwriting, omogeneo come sempre nel regalare ritornelli sempre orecchiabili e ben definiti.
Giunti a questo punto, l’album si addentra poi in un mini-concept con le canzoni ‘Part I: The Gift’, ‘Part II: The Curse Of The Gift’ e ‘Part III: The Regret’.
La partenza è relativamente leggera, ma via via che il tempo scorre, la voce di Anette aumenta di intensità e calore, raggiungendo il culmine nella seconda parte del concept, ove affiora una vena di malinconia, anche in questo caso ben interpretata dalla cantante, e dove il tono generale della musica raggiunge alte vette di lirismo e melodia, con la chitarra sempre in primo piano a legare in maniera omogenea il tutto, e le tastiere impegnate a rendere struggente il groove della canzone.
Al termine di questa mini-suite, si passa a ‘Chamaleon’, l’ottava traccia dell’album, semplice ma melodica e gradevole allo stesso tempo, con un refrain che, una volta assimilato, non si dimentica più; il tutto arricchito da intarsi di chitarra di raffinata fattura.
La nona canzone è la movimentatissima ‘The Owner Of The Truth’, brano in cui la voce dell’ottima cantante passa da momenti simili a gospel, a vette di tonalità altissime, sempre supportata da un ritmo serrato e veloce senza cali, esaltato dalla ricercatezza di un refrain melodico, immediato e pur diverso da quello dagli altri episodi dell’album.
La decima canzone è ‘I’m Not The One’, molto introspettiva, lenta e sinuosa all’inizio, con una melodia in grado di imporsi immediatamente ed un ritornello dolce ed appassionato; il brano cresce poi di intensità, rimanendo tuttavia in un ambito di sofferta riflessione e di meditazione.
Segue quindi ‘So Silently’, a parere di chi scrive il miglior pezzo dell’intero disco. La partenza è lenta, sofferta, triste e foriera di un malessere interiore che, una volta esplosa la melodia, viene esternato mirabilmente grazie alle incredibili capacità interpretative di Anette, ed alla qualità raffinata e delicata del songwriting, capace di regalare melodie memorabili e sempre velato da una leggera malinconia che rende il tutto liricamente struggente.
Chiude l’album The Fly, traccia che riporta il platter su sonorità più classicamente potenti e veloci, che si aprono improvvisamente quando entra in gioco il cantato, protagonista di un ritornello difficile e poco orecchiabile, ma non per questo meno affascinante.

In conclusione, un album particolare e sentito, dominato dalle grandi capacità tecniche ed interpretative della fondatrice del gruppo Anette Johansson, ma anche caratterizzato da un livello compositivo ricercato, di grande classe e raffinatezza, in grado di regalare emozioni su emozioni all’ascoltatore, in virtù anche della varietà dei sempre azzeccati refrain che compongono le singole canzoni.

Daniele “dani66” D’Adamo

Tracklist :

1 – When Tomorrow Never Comes
2 – Prelude
3 – Kill The Past
4 – Black Widow
5 – Part I: The Gift
6 – Part II: The Curse Of The Gift
7 – Part III: The Regret
8 – Chamaleon
9 – The Owner Of The Truth
10 – I’m Not The One
11 – So Silently
12 – The Fly

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