Recensione: The Dark Secret
Due anni fa i Rhapsody diedero alle stampe ciò che sembrava il capitolo conclusivo della “Emerald Sword Saga”. Oggi, accantonati per motivi di varia natura i progetti relativi ad una rilettura in chiave metal del Signore Degli Anelli (del film ovviamente!!!) e dell’atipica ipotesi “Rhapsody In Black”, i nostri si riaffacciano sul mercato con questo The Dark Secret, mini apripista del prossimo Symphony of Enchanted Land Part II. Dunque il primo lavoro pubblicato sotto l’ala protettrice di “Mr. Epic Metal” Joey De Maio (prende il posto di Limb e la sua LMP) anziché guardare al futuro guarda al passato, quello più sinfonico e maestoso della discografia dei triestini (ma fin quanto sarà corretto chiamarli ancora così?) e lo fa rilanciando in grande stile quelle che sono le caratteristiche peculiari della band. Infatti i potenti mezzi messi a disposizione si traducono in un’intera orchestra, un coro di 50 elementi e la partecipazione in veste di narratore del famoso attore Christopher Lee (La Mummia, Il Signore degli Anelli, …) che data l’occasione, più unica che rara, appare anche sulla copertina. Date queste premesse è facile intuire che le novità più rilevanti, almeno per questo mini, riguardano proprio il peso che le orchestrazioni hanno nelle composizioni. Sempre più presenti e massicce enfatizzano e sottolineano ogni passaggio, ricreando l’atmosfera giusta al momento giusto. La nuova definizione di Film Score Metal (che manda in pensione la più “ingenua” Hollywood Metal) sembra essere proprio azzeccata. Per il resto invece l’immobilità stilistica dei Rhapsody raggiunge livelli che solo gente come Malmsteen o gli AC/DC riesce a portare avanti con notevole maestria. Quindi per fan e detrattori non cambierà niente: l’amore e l’odio per la band di Turilli e Staropoli saranno, rispettivamente, gli stessi di sempre. Detto che stavolta la produzione è affidata agli stessi Alex e Luca con la collaborazione del solito Sasha Paeth, passiamo alla proposta contenuta nel cd.
I brani di questo lavoro sono 5, di cui 4 resteranno inediti o comunque verranno pubblicati in versioni alternative, per una durata totale di 30 minuti scarsi.
Si inizia con la edit version di Unholy Warcry dove Mr. Lee con la sua voce baritonale, calda e profonda ci introduce a questa nuova avventura. Avventura che si conferma cupa fin dalle prime note (emesse dall’orchestra ovviamente) e dall’attitudine aggressiva che mostra Lione (forse realmente arrabbiato per il forzato divorzio dai Vision Divine). Il brano scorre via veloce e tra un coro possente e un ritornello facilmente memorizzabile (ricorda da vicino quello di Holy Thunderforce), si arriva al secondo brano tutto secondo gli schemi del “singolo perfetto”. Thunder’s Mighty Roar continua sulla stessa falsariga fatta di atmosfere sinistre e orchestrazioni di vivaldiana memoria, mentre Lione inasprisce ulteriormente la voce (quasi ai livelli di When Demons Awake) fino al glorioso ritornello di ampio respiro. Con la traccia numero 3 invece si ritorna su sentieri più acustici ed intimi che ultimamente si erano persi. Guardians of Destiny si presenta infatti come una via di mezzo tra Branduardi e Simon & Garfunkel con l’aggiunta di imponenti cori drammatici. La canzone è segnalata come “english version” e tutto fa presupporre che sul full length sarà presente in una versione cantata in latino e/o italiano e vista la sua bontà sono proprio curioso di sapere come sarà, se ci sarà, questa versione.
E’ di nuovo la voce possente di Christopher Lee e la sua magistrale interpretazione ad introdurre la lunga suite Sacred Power of Raging Wind che, come di consuetudine, vive di spunti diversi tra loro per intensità e impatto: si passa quindi dalle accelerazioni potenti della sezione ritmica alle riflessioni in stile Goblin delle tastiere fino ad arrivare a variazioni neoclassiche di temi noti ai più (è sempre Vivaldi con le sue Stagioni a fare capolino). In questi frangenti Turilli così pulito e neoclassico mi ha ricordato a più riprese Uli John Roth e la sua ultima fatica con la Sky Orchestra (a voi le dovute proporzioni). Ma più di tutti a distinguersi è Lione autore di una prestazione eccellente per interpretazione, versatilità e potenza. L’ennesima riprova della sua bravura. In chiusura troviamo ancora i Goblin, ma questa volta con il remix di Non Ho Sonno (dall’omonimo film di D. Argento) ad opera della coppia Staropoli/Turilli: non preoccupatevi, niente musica techno, solo qualche ritocco qua e là.
In conclusione direi che questo mini getta le premesse per un altro ineccepibile lavoro. Speriamo solo che il cd in uscita a settembre ci porti delle novità più significative.
Track List:
1) Unholy Warcry (edit version)
2) Thunder’s Mighty Roar
3) Guardians of Destiny (English version)
4) Sacred Power of Raging Winds
5) Non Ho Sonno Remix
Commento alla Limited Edition with bonus DVD.
La versione speciale del singolo, venduta a prezzo “speciale” (ovvero caro quanto un full-length!) oltre a beneficiare di una confezione digipack in carta patinata (niente più ditate!) fatta molto bene, include un DVD con alcune piccole chicche per i fans. Si inizia con il “making of” del cd che, in realtà, si rivela come una breve intervista a Christopher Lee e a tutte le persone coinvolte per farlo apparire sul disco (compreso Joey DeMaio) e a qualche parola dei due mastermind sul lavoro svolto con l’orchestra. Si prosegue con il videoclip amatoriale (fatto molto bene, visti i pochi mezzi a disposizione, da Andrea Giomaro) The Emerald Sword Saga, che tenta l’ardua impresa di condensare in pochi minuti tutto ciò che accade nei primi 5 album della band. Infine sul capiente supporto ottico troviamo il video di Unholy Warcry (visionabile anche on line sul sito ufficiale) e la versione audio in 5.1 della stessa canzone. Onestamente, visto anche il prezzo (che rimane alto anche nella versione normale), mi aspettavo qualcosa di più a livello di contenuti. Sopratutto il “making of” mi è sembrato davvero troppo breve e quindi non esaustivo, in più non c’è la possibilità di avere i sottotitoli in italiano (mentre ci sono in inglese e tedesco): non fraintendetemi, è tutto molto chiaro anche così, ma da un gruppo italiano penso che questa piccola accortezza fosse una cosa dovuta.