Recensione: The Dark Third
Non sono molte le band a godere dell’assistenza di Paul Northfield (Gentle Giant, Rush, Queensryche, Alice Cooper, Ozzy Osbourne… devo continuare?) per la produzione del loro primo album. Tale privilegio è toccato ai Pure Reason Revolution, giovane formazione britannica già autrice di tre singoli e di un EP capace nel 2005 di riscuotere il consenso della stampa specializzata.
Da questi lavori è confluita buona parte del materiale che compare su questo primo full-length, “The Dark Third”, esordio pubblicato e promosso in grande stile dalla solerte InsideOut. Si tratta ora di stabilire se i contenuti siano all’altezza di cotante attenzioni.
Nelle loro composizioni i Pure Reason Revolution amano spaziare in lungo e in largo. Indubbiamente Pink Floyd e Porcupine Tree rappresentano per il combo inglese un punto di riferimento essenziale – l’introduttiva Aeropause parla chiaro – ma il loro sound non disdegna flessioni nella direzione di rock band appartenenti a contesti differenti: Muse, Radiohead o anche Mars Volta, per citarne qualcuna. Tra le influenze dichiarate compaiono anche i nomi di Gentle Giant e – udite udite – Beach Boys. Accostamenti che lasciano un po’ più perplessi, soprattutto nel secondo caso, a meno di non voler tracciare azzardati paralleli tra i cori degli uni e degli altri. A tal riguardo c’è da dire che l’uso sapiente delle backing vocals entra di diritto nell’arsenale delle armi migliori della band, riuscendo a ricavare il massimo dalle (non eccelse) capacità espressive dei due cantanti. Esemplari alcuni passaggi di “The Bright Ambassadors Of Morning” – cogliete la citazione da “Echoes”? – che mette in vetrina il meglio e il peggio dell’album: intrecci vocali e spunti progressivi decisamente brillanti, alternati a sezioni fiacche, prolisse e ripetitive (alla lunga il refrain diventa davvero inascoltabile).
Dal punto di vista strumentale, tocca soprattutto ai synth calare la band nel contesto dello space rock e della tradizione psichedelica, supportati dall’intima raffinatezza degli archi, mentre alcune linee vocali, il riffing e, soprattutto, il drumming preferiscono debordare sulle piste più diverse: progressive, pop, alternative e talvolta persino grunge. Il cameo di influenze confluisce comunque in un sound ordinato e composto – forse troppo: a tratti sembra andare persa la spontanea ingenuità tipica dei primi album, quell’ingenuità che rappresenta al tempo spesso il limite da superare e la custodia entro la quale riposa lo spirito autentico di una band.
Contraddittorie sono dunque le impressioni che si ricavano dall’esordio dei Pure Reason Revolution. Da un lato “The Dark Third” riesce a proporre uno stile compatto e definito – esaltato da una qualità sonora sopraffina – abbastanza personale e ricco di spunti intriganti, fondato su atmosfere oniriche, ipnotiche, che ben si riflettono in un concept (la moda ormai è questa) che va a indagare quel 33% della vita umana che viene passato tra le braccia di Morfeo. Da un altro lato tuttavia i brani rivelano qualche lacuna: bisognerà soprattutto affinare la capacità di sintesi e acquisire una maggiore concretezza sul piano dei contenuti – il che non significa sforzarsi di trovare per forza la melodie piacevole da riproporre a ripetizione, anzi.
Senza contare che, nonostante quell’ambizioso “Revolution” a suggello dell’altisonante monicker, di veramente innovativo qua non si troverà granché.
Un esordio da tenere in considerazione, insomma, ma ci si guardi dai facili entusiasmi. Il materiale che compone “The Dark Third è si ricco di buone intuizioni ma a conti fatti pare anche di poca sostanza, almeno rispetto alle sue pretese. Le premesse sono comunque interessanti, e il tempo potrebbe facilmente giocare dalla parte della band, a patto di non farsi prendere dalla vertigine e dall’ansia di dover sfondare subito. Più saggio lasciar maturare il sound secondi i suoi tempi, un passo alla volta. La rivoluzione può attendere.
Tracklist:
1. Aeropause (5:06)
2. Goshen’s Remains (5:44)
3. Apprentice Of The Universe (4:16)
4. Bright Ambassadors Of Morning (11:56)
5. Nimbos & Tambos (3:44)
6. Voices In Winter / In The Realms Of The Divine (6:34)
7. Bullitts Dominae (5:22)
8. The Twyncyn / Trembling Willows (8:53)
9. He Tried To Show Them Magic / Ambassadors Return / Asleep in Eideltown (ghost track) (13:15)
Line up:
Jon Courtney: voce, chitarra, tastiera
Chloe Alper: voce, basso
Jamie Wilcox: voce, chitarra
Jim Dobson: voce, chitarra, tastiera, basso, violino
Andrew Courtney: batteria