Recensione: The Deadcalm
Il troppo stroppia: un detto popolare che, non sapessimo che è impossibile, parrebbe poter essere stato ideato proprio al termine di un ascolto di “The Deadcalm”, seconda fatica in studio degli Scamp a distanza di ben sei anni dal precedente “Mirror Faced Mentality”.
Intendiamoci: il thrash/death/math/core industrialoide (e ormai decisamente djenty) dei danesi non è del tutto privo di spunti di interesse, viste la preparazione dei musicisti e la grande quantità di carne messa al fuoco; eppure, anche dopo svariati ascolti, “The Deadcalm” appare per certi versi un incompiuto, con le ali parzialmente tarpate da una certa qual tendenza a strafare. Se, infatti, le strizzatine d’occhio al mainstream sono praticamente assenti (fattore che li renderà certamente più simpatici a chi proprio non tollera melodic metalcore e affini, NdR), è altrettanto corretto rimarcare che la massiccia presenza di ritmiche indiavolate, riff violentissimi e screaming trita-corde vocali praticamente a getto continuo, alla lunga tende ad appiattire un po’ il tutto.
I pezzi in scaletta sono tanti – dodici – e tutti di durata piuttosto elevata (tra i quattro e i sei minuti), con moltissimo spazio riservato alla fase ritmica, tanto prorompente quanto alla lunga sfibrante, e al vocalismo convulso dell’ ex-Mnemic Michael Bøgballe, indubbiamente energico quanto un po’ troppo concentrato sul registro ferino per riuscire a lasciare davvero il segno. Ed è un vero peccato, perché i momenti in cui la furia degli Scamp cede il passo a qualche rallentamento strategico (come in “The Boys From Dead Soul Road”) mettendo, magari, in mostra qualche pregiato passaggio in clean (“Existence Status Zero”, “Edge Of Devastation”), sono le uniche occasioni nelle quali si abbia l’impressione che “The Deadcalm” possa realmente spiccare il volo. Poi arrivano brani come la monocorde “Adrian”, o l’altrettanto noiosa “Organism” (ma è un discorso, questo, che può essere esteso a gran parte della tracklist), a riportarci sulla terra, ricordandoci come i ragazzi di Aarhus abbiano certamente talento per quanto non riescano, ancora, a tirarlo fuori come dovrebbero/potrebbero.
Senza scomodare i più morbidi Periphery o i certamente più evoluti Gojira, “The Deadcalm” si configura come una lavoro potenzialmente interessante nel quale, tuttavia, molte promesse rimangono sulla carta. Un lavoro che regala sprazzi di classe, purtroppo sommersi da un marasma di banale iperviolenza, e che perde il confronto, tanto per fare un nome, con il ben più riuscito debut album dei quasi conterranei Deceptic.
Stefano Burini
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