Recensione: The Deep
“The Deep” è la discesa nell’abisso dell’animo umano. Una profonda e piena immersione nella caotica realtà che circonda l’Uomo ma che ne fa anche parte.
In maniera analoga si può riflettere sul melodic death metal. Dato per spacciato innumerevoli volte, da quando si è apparentemente affievolita la fiamma accesa nella prima metà degli anni ’90 in quel di Göteborg, esso ha sempre dato vita a formazioni che lo hanno eletto a loro stile natìo. A volte in maniera soffusa, senza magari chi avesse nel DNA tutto quanto necessario per ripetere i fasti di At The Gates, Dark Tranquillity, In Flames, e compagnia cantante.
Scendendo nel particolare, occorre spremere le meningi in modo similare nel trattare “The Deep”, quinto album dei Soulline. Sì, poiché il melodic death metal, come del resto tutti i generi e sottogeneri metal, di primo acchito può apparire identico nella riproposizione da band a band.
Cosa che non è.
Certo, gli svizzeri devono per forza far rientrare la propria musica entro i canoni tipici della foggia musicale trattata ma, approfondendo l’assimilazione del platter con pazienza e regolarità, “The Deep” regala emozioni non percepibili a priori, se si assaggia una pietanza semplicemente fermandosi ai primi sentori ma che, invece, nasconde sapori ed effluvi dorati.
E nelle profondità oceaniche si nasconde il Leviatano, tanto mostruosa quanto temibile creatura, argomento della title-track. Song possente e massiccia ma nobilitata da un ritornello morbido e delicato, che s’insaccherà senz’altro nella scatola cranica degli appassionati e non. Quando la qualità di un singolo brano è allineato ai livelli di ‘Leviathan’, difatti, non si può essere discordi sulla sua potenza melodica, sulla sua perfezione realizzativa, sulla sua nobiltà d’animo. Ovviamente, giacché i cinque compagni di avventura ticinese posseggono sia un esteso retroterra culturale, sia, soprattutto, una grande professionalità ed esperienza in sala di registrazione. Circostanze che rendono adulto, perfettamente formato e ricco di carattere, uno stile che, certamente, non è sinonimo di evoluzionismo e di innovazione ma che presenta sfaccettature finemente levigate, da qualsiasi pare le si osservi. Malgrado questa limitazione, i Nostri sono capaci di esprimere i loro sentimenti in maniera diretta, oltreché nascosta, come nella successiva ‘Cool Breeze’, ammantata da un chorus triste e malinconico, tale da rendere chi ascolta più sensibile e ricettivo ai moti dell’anima.
A questo punto si può già comprendere che il punto forte di “The Deep”, dato atto della sua irreprensibile manifattura generale, sono le singole canzoni. Nella corsa da ‘Leviathan’ a ‘Still Mind’ non ci sono punti deboli, per questo, non ci sono cali di tensione, di potenza, di armoniosità. Nessun anonimo riempitivo, filler. Tutta roba di gran qualità, insomma. ‘Nightmare’, ‘The Fall’ e le altre compagne scorrono con grande fluidità, non mancando, nell’insieme, alcuni picchi di melodiosità indimenticabile. Come le preziose cuciture chitarristiche di ‘Filthy Reality’. O l’incipit di ‘Into Life’, che rammenta quello della leggendaria ‘Wild Child’ dei WASP. Non una mera scopiazzatura quanto un tentativo riuscito di preparare il cervello alle potente esplosione di colori, sapori e suoni che il pezzo medesimo erutta. O ancora ‘The Game’, la migliore del lotto, sicuramente. Intrisa di sensazioni, di calda passione, di stupende melodie, di armonie stellari. Il tutto, occorre sempre rilevarlo, accostate a un sound che spacca gli speaker, materializzabile in un muro di suono spesso, granitico, che preme con costanza la cassa toracica.
Per sintetizzare, come stile, niente di nuovo sotto il sole; come tracce, talento cristallino. Bravi i Soulline in tal senso, nell’aver creato un’opera davvero piacevole da masticare, ottima per ogni appassionato di metal estremo e non.
Daniele “dani66” D’Adamo