Recensione: The Definitive Edition [Reissue]
Per celebrarne l’acquisizione di gran parte del back catalogue, l’ottima label tedesca SPV / Steamhammer lancia sul mercato un’interessante serie di reissue dedicate alla brava Sabine Edelsbacher ed ai suoi Edenbridge, gruppo austriaco attivo sin dall’inizio del decennio scorso in territori neoclassic/power/prog.
Esordiente nell’ormai lontano 2000 con il buon “Sunrise In Eden” – da molti considerato ottimo esempio di soffuso symphonic prog di rara delicatezza sonora – il quintetto ha da allora inanellato una serie di uscite discografiche caratterizzate da un proprio particolare marchio di fabbrica, riconoscibile nell’approccio costantemente suggestivo e bucolico della raffinata voce di miss Edelsbacher e nelle strutture melodiche allestite da Arne Stockhammer – in arte Lanvall – sempre ammantate di un “che” di onirico e sognante.
Racchiusi nella “Definitive Collection” vanno ad incastonarsi i primi cinque album prodotti in carriera dal combo viennese, qui riproposti in una sequenza di elegantissime versioni digipack, composte dal classico cd contenente il materiale originario e da un secondo dischetto recante una raccolta di bonus ed inediti, ad arricchire un’edizione dedicata in modo esplicito a collezionisti ed assidui appassionati.
Per evidenti ragioni di sintesi ed avendone già sviscerato gran parte dei contenuti proprio su queste pagine, ci limiteremo a fornire una panoramica di quanto offerto in termini di bonus dall’opera di reissue, sottolineando come, ad un puro e semplice impatto “estetico”, il prodotto appaia già di per se gradevole e molto ben confezionato. Molto azzeccata in tal senso, anche la scelta di rendere i dorsini dei vari digipack accostabili gli uni agli altri, a formare – una volta uniti – il caratteristico simbolo del gruppo.
Ricchi d’immagini e commenti scritti dallo stesso Lanvall, i booklet si presentano particolareggiati ed approfonditi nei dettagli, mentre di puro e semplice valore collezionistico risultano i bonus inseriti nei cd aggiuntivi.
Si parte con “Sunrise In Eden”, come detto, fascinoso esordio datato 2000 che permise al quintetto di guadagnare sin dal principio una base di fan fedeli ed assidui.
Cristallizzato nella propria eleganza in tracce quali “Cheyenne Spirit”, “Wings In The Wind” e nella stessa title track, l’album è qui riproposto anche nella primissima edizione originariamente mixata da Gandalf (eminente producer, anch’egli austriaco), sinora del tutto ignota al pubblico.
Ad onor del vero non sono molte le differenze riscontrabili, al di la di un netto miglioramento successivo che rende la versione ufficiale preferibile in termini di mero ascolto.
Quando si dice, insomma, pezzo da collezione…
Più succoso invece, quanto messo in pista con i successivi “Arcana” (2001) e “Aphelion” (2002). Detto di due album di discreta fattura ed impreziositi dalla partecipazione di alcuni ospiti di prestigio, la personale predilezione per il capitolo del 2001 risulta rafforzata dall’ascolto della versione totalmente strumentale offerta quale bonus nel secondo disco di questa limited edition.
Altrettanto significativo l’extra di “Aphelion”, rappresentato dal disco dal vivo “A Livetime in Eden”, inciso in origine nel corso del 2004 ed uscito di stampa nel giro di pochi anni. Forse l’aggiunta più azzeccata e di valore dell’intera collana, in virtù soprattutto della professionalità con cui il live è confezionato. Non il classico e disadorno bootleg registrato con mezzi di fortuna, ma un buonissimo prodotto dalle sonorità curate in modo ottimale, tratto dal tour europeo tenuto dagli Edenbridge nel biennio 2003/2004.
A chiudere il giro di reissue, “Shine” e “The Grand Design”, altra coppia di prodotti discografici che – come di consueto – mettono in evidenza i caratteri peculiari di un gruppo di preferenza orientato su atmosfere ovattate e, pur se di stampo power-prog, con un’evidente anima neoclassico-sinfonica.
Belli i cori intessuti nel buon “Shine”, proprio come interessante la produzione dei suoni – opera di un maestro come Dennis Ward – focalizzata sulla flautata voce di Sabine e sul suono onnipresente delle chitarre. Un pelo più dispersivo il disco, non esattamente in grado di mantenere alta la tensione lungo l’intera durata della tracklist, arricchita, per l’occasione, anche con l’aggiunta della “single version” del brano portante “Shine”.
Tracklist che acquisisce un sapore quasi “new age” nella forma in cui viene riproposta nel consueto secondo dischetto bonus, in cui è apprezzabile una versione accompagnata esclusivamente dai cori già presenti sull’album ma del tutto priva delle vocals di miss Edelsbacher (la chiamano “karaoke version” Ndr). Esperimento interessante, che pone in risalto le buone trame sinfoniche ed operistiche intessute dalla band. Ulteriore addizione, una coppia di brani dal vivo ad incrementare il “bottino”.
Un cadeau inserito anche nell’ultimo capitolo dell’opera di ristampa “The Grand Design”, in cui si percepiscono grosso modo le medesime sensazioni avute con “Shine”. Buon disco anche se non proprio trascendentale, dallo stile elegante e raffinato pur con qualche calo di tensione, accompagnato dalla versione “karaoke” dell’intera scaletta. Anche in questo caso, un momento piacevole da ascoltare, adatto nel porsi quale gradito e rilassante sottofondo musicale. Ed anche stavolta, non manca l’inserimento di un paio di tracce live poste in coda come “saluto” conclusivo.
Una buona iniziativa di reissue quella proposta da SPV che, come facile da intuire e come già evidenziato, potrà tuttavia incontrare i favori di un fascia di pubblico non certo molto ampia e variegata.
Grandi fan del gruppo austriaco, nuovissimi adepti, attenti collezionisti (non dubitiamo che, negli anni a venire, l’opera completa potrà assumere quotazioni importanti sul mercato delle rarità) ed innamorati di “edizioni speciali” da poter conservare con un pizzico di orgoglio in bella mostra sullo scaffale.
Non molto di più, dati anche i costi di listino non proprio minimi riservati all’intera edizione (circa 16 euro per pezzo singolo, 75 euro per la serie), aspetto che, in tempi di “magra” come quelli attuali, rischia di rappresentare uno dei deterrenti di maggior peso nel distogliere l’attenzione di potenziali acquirenti.
Particolari che, in ogni modo, non declassano il discreto valore di quanto proposto negli anni dal gruppo centro-europeo, che, al di la di possibili diatribe tra appassionati e assertori di collezionismo musicale, rimane comunque intatto e meritevole di riguardo da parte dei molti fan del genere.
Gli Edenbridge non saranno forse mai stelle di primissima grandezza, eppure continueranno sempre ad esercitare un pizzico di fascino e sincera approvazione in chiunque ne ascolterà, anche distrattamente, qualche nota.
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