Recensione: The Destroyers of All

Di Francesco Sorricaro - 2 Febbraio 2011 - 0:00
The Destroyers of All
Band: Ulcerate
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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86

Un ritorno tra i più attesi del 2011 quello dei “kiwi” Ulcerate i quali, avevano stupefatto il mondo del brutal, non più tardi di due anni fa, con quel grande disco che risponde al nome di Everything is Fire. La sensazione lasciata da quelle note era la stessa che ti può donare un primo bocconcino prelibato mentre già pregusti il secondo e, bisogna dire, che The Destroyers of All lascia in bocca proprio quella escalation di goduria che ci si poteva aspettare.

Frutto di un lavoro minuzioso di produzione e mixaggio, auspicabile per altro da perfezionisti quali sono i tre ragazzi di Auckland, e composto, per la prima volta, con la medesima formazione che aveva generato il precedente, questo nuovo album può essere definito come il primo vero e solido puntiglio della loro carriera.

Per quanto Everything is Fire aveva mostrato l’intero ventaglio qualitativo della band, The Destroyers of All comincia a mettere i puntini sulle “i”. Si tratta, in effetti, in un certo senso, dell’album più estremo e brutale mai prodotto dagli Ulcerate.

Burning Skies, dopo una breve, plumbea, introduzione mette immediatamente le cose in chiaro con un violento ritmo di batteria che imperversa sullo sfondo di riff disperatamente cadenzati. Per quanto possa essere veloce il lavoro alla doppia cassa di Jamie Saint Merat, il brano, complessivamente, esprime un tipo di pathos molto diverso, quello che potrebbe derivare dal sopraggiungere lento e terrificante dell’intero pantheon lovecraftiano in un giorno buio e tempestoso.

E’ proprio di questo estremo contrasto che brillano i 7 brani di questo lavoro: composizioni che condividono un’atmosfera unica, monolitica, e che richiedono, a chiunque vi si accosti, il chiaro intento di sviscerarle con attenzione, per poterne individuare le numerose particolarità.

Tornando alla traccia che apre questo disco, posso dire che è sicuramente uno dei picchi del lotto, un gorgo di sonorità ossessive che si interrompe solo per una breve boccata d’aria, prima di un finale epico e lancinante: vero e proprio grido sprezzante di auto affermazione umana verso il cosmo ostile.

Il disco prosegue su questo trend opprimente, in cui il growling abrasivo di Paul Kelland non concede alcuno scampo alla melodia nè ad alcuna sorta di appiglio rassicurante tranne, forse, le ossessive dissonanze create da Michael Hoggard che divengono, per così dire, familiari dopo un po’ di ascolti. Esemplificative, a questo proposito, sono Dead Oceans e la più varia Cold Becoming.

Beneath, invece, parte quietamente strumentale, crescendo piano piano per più di 2 minuti, tra divagazioni e leggiadri controtempo di batteria, fino all’irrompere della voce in tutta la sua potenza, la quale contribuisce alla crescita del climax emotivo che esploderà poi solo nel finale.

The Destroyers of All è un disco di granito puro, che pesca a piene mani dal retaggio atmosferico del post-metal lacerandolo con l’aggressività del brutal death più oltranzista. Lungi dal mettere in mostra chissà quale evoluzione complessiva del sound degli Ulcerate, fa risplendere però l’evoluzione personale di ognuno dei suoi membri, mettendo in mostra le liriche di Kelland, mai così ispirate e perfettamente uncinate al mood della musica, ed il sempre più ispirato songwriting della coppia Hoggard/Saint Merat. Quest’ultimo merita davvero una menzione particolare, perchè il giovane batterista dalle sembianze gracili, si dimostra, ancora una volta, non solo la stella del gruppo per quanto riguarda tecnica strumentale (che continua a migliorare ad ogni passo. Basti ascoltare con attenzione quello che fa in The Hollow Idols), fantasia e presenza all’interno dei brani, ma sta diventando sempre di più un piccolo Portnoy degli Ulcerate, essendosi occupato, per questo disco: della composizione dei brani, dell’intero iter di produzione e mixaggio e, come al solito, dello splendido artwork, oltre ovviamente al suo dovere dietro le pelli pienamente assolto. Come se non bastasse, sono numerosi anche i progetti paralleli e notevoli le sue capacità organizzative per i tour della band. Chissà se fa anche parte della lista di Petrucci!?!

Tornando al disco in questione, Omens, penultima della lista, è certamente la traccia regina: inizia spettrale, quiete prima dello tsunami, poi l’incedere maestoso ed una improvvisa implosione che toglie il respiro; si riparte lentamente con qualche variazione sul tema prima dell’improvvisa ed attesa partenza in quarta, fino alla nuova brusca frenata che accompagna fangosamente al finale; è un brano che, da solo, racchiude tutte le sensazioni che può produrre un disco del genere, magma puro che scende lento e placido ma sotto brucia e dissolve ogni cosa. Degno antipasto per la lunga titletrack finale, tutta da apprezzare nell’infinità dei suoi spunti creativi, per la sua pancia agghiacciante e per il finale in crescendo che si spegne in una visione da landa desolata da post-esplosione atomica.

Gli Ulcerate sono tornati ed hanno appesantito il carico aumentando il coefficiente di morbosità della loro musica. The Destroyers of All è un disco nero, nichilista nelle tematiche e pesante nel suono, oltre che massiccio per la cospicua durata media delle 7 tracce che lo compongono; è un disco che cresce ad ogni ascolto, è un disco per adulti, per chi crede di aver raggiunto una maturità tale, da ascoltatore, da essere in grado di analizzare un’opera senza fermarsi alla superficie della classificazione di turno. Si tratta soprattutto dell’ennesima affermazione dell’alto livello di questa band che viene da lontano, che ci sta abituando veramente troppo bene, facendoci presagire un futuro ancora migliore, perchè il loro vero capolavoro, a mio parere, deve ancora essere scritto.

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 

Tracklist
01. Burning Skies  07:34
02. Dead Oceans  07:01
03. Cold Becoming  06:16
04. Beneath  06:56
05. The Hollow Idols  06:06
06. Omens  08:26
07. The Destroyers of All  10:30

Durata totale    52:49


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