Recensione: The Diabolic Serenades

Di Alessandro Calvi - 16 Ottobre 2004 - 0:00
The Diabolic Serenades
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Anno: 1996
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75

“The Diabolic Serenades”, questo il titolo che nel 1994 consegna gli Ancient Rites al mondo. È la piccola After Dark Records ad accorgersi per prima delle potenzialità di questo gruppo belga e a metterli sotto contratto. Proprio le dimensioni della casa discografica sono il motivo per cui la prima edizione di questo disco sia di difficile reperibilità essendo stata stampata in un numero piuttosto limitato di copie. Toccherà dunque alla Mascot Records dopo che la band avrà firmato il contratto per l’uscita del loro secondo album, ristampare il primo platter nel 1996 con l’aggiunta di una bonus track e con la copertina leggermente diversa.

Ma passiamo a parlare del disco vero e proprio. L’opener è cupa e ossessiva, un brano che non avrebbe sfigurato come colonna sonora di qualche film dell’orrore, con i suoi suoni echeggianti e la lugubre voce narrante. La cosa migliore e più inquietante è però il giro di pianoforte che accompagna tutto il pezzo e che personalmente mi riporta alla mente alcune delle angoscianti melodie che hanno fatto la fortuna anche di capolavori dell’orrore nostrano come i primi film di Dario Argento.
La violenza dell’album sfocia però con Crucifixion Justified, la prima di una lunga serie di canzoni, praticamente tutto il disco, dal tema decisamente anticristiano. Questo primo disco del gruppo belga è infatti quello che all’interno della discografia degli Ancient Rites si discosta di meno dagli stilemi del black più classico. Una produzione molto fredda, cupa e grezza, ma soprattutto l’uso della voce, ben lontana dalla versatilità che dimostrerà negli album successivi, tutta impostata solo su un growl molto basso.
Anche dal punto di vista strumentale le coordinate musicali sono all’interno del black di prima maniera, l’uso della tastiera, i riff classici e gli intrecci tra chitarra ritmica e solista che renderanno così originali gli album seguenti, sono ancora di là da venire.
Qualche eccezione però è sempre in agguato e in questo novero troviamo ovviamente l’introduzione e l’outro: “Infant Sacrifices to Baalberith” e “Last Rites/Echoes of Melancholy”. Della prima abbiamo già parlato, la seconda invece ha un sound molto medievaleggiante che, seppur nella sua brevità, ci riporta praticamente a una festa danzante. Altri due casi di eccezioni sono “Morbid Glory”, eccezione sia dal punto di vista musicale che lirico, difatti presenta qualcuna delle caratteristiche che poi verranno approfondite dalla band belga, e un testo che si ispira stavolta non al satanismo ma a una figura storica: Gilles de Rais, luogotenente di Giovanna D’Arco, eroe in battaglia ma anche sadico violentatore e squartatore di bambini nel privato, forse uno dei primi serial-killer che la storia ricordi. L’altra eccezione è “Evil Prevails”, un brano che dal punto di vista compositivo è forse il più evoluto di questo disco e che probabilmente non avrebbe sfigurato se posizionato in “Blasfemia Eternal” o addirittura anche in “Fatherland”, inutile dire che si tratta anche del mio preferito di questo cd.
La capacità compositiva di questa band è indubbia fin da questo primo album, anche se a questo punto della sua carriera non ha ancora lasciato briglia sciolta alle proprie idee. Si sente che i musicisti si sforzano di rimanere all’interno di un genere le cui regole probabilmente gli vanno un po’ strette e che in seguito reinterpreteranno alla propria maniera. La durata media dei brani inoltre si attesta intorno ai tre minuti e mezzo, segno che dal punto di vista del song-writing qualcosa da mettere a punto c’è ancora. E non potrebbe essere altrimenti essendo al loro primo album, una band che ha si avuto una lunga militanza e produzione nell’ambiente underground, ma che giunta finalmente alla pubblicazione realizza un buon disco, ma con qualcosina ancora da sistemare. Onore a loro che effettivamente con umiltà hanno saputo imparare dalla propria esperienza per migliorare sempre più da un disco all’altro.

Per quanto riguarda il fronte delle critiche diciamo che sarebbe un po’ come sparare sulla croce-rossa. Le pecche infatti sono le “solite” che si riscontrano in produzioni a metà strada tra l’underground e il professionale e che contraddistinguono praticamente tutti i dischi black degli inizi. Suoni sporchi, rumore di fondo e un mix non sempre perfettissimo tra i vari strumenti che penalizza un po’ la batteria o la voce a seconda del momento. La batteria poi ha un suono forse poco convincente, poco pieno, ma questa è una caratteristica che accompagnerà la musica degli Ancient Rites anche nel proseguo della loro carriera. Tutte caratteristiche che, come sempre quando si analizza un disco black, non si può fare a meno di guardare sotto una ottica un po’ diversa, e destinate a dividere sia la critica e il pubblico. Da una parte chi assolutamente non apprezza questo sound e ne mette in luce tutti i difetti, e dall’altra i puristi del genere secondo cui se non è grezzo non è black insieme a quelli a cui questo sound, più freddo, più maligno, piace effettivamente.

Per concludere si tratta dell’album di esordio di una band che in seguito ha dimostrato davvero la pasta di cui era fatta, un disco troppo legato alle regole di un genere che non era del tutto nelle corde di questi musicisti e che quindi ne ha un po’ menomato l’originalità. Si sente però che è un disco di black classico suonato da gente che poi avrebbe aggiustato un po’ il tiro. Sicuramente un “must” per i fan di questa band belga, sottovalutata rispetto a quello che è il suo reale valore. Un disco da ascoltare per scoprire quali sono state le origini degli Ancient Rites per poi osservare nella giusta ottica l’evoluzione musicale di questa band attraverso i cd successivi.

Tracklist:
01 – (Intro) Infant Sacrifices to Baalberith
02 – Crucifixion Justified (Roman Supremacy)
03 – Satanic Rejoice
04 – Obscurity Reigns (Field of Flanders)
05 – Death Messiah
06 – Land of Frost and Despair
07 – Assyrian Empire
08 – Longing for the Ancient Kingdom
09 – Morbid Glory (Gilles de Rais 1404-1440)
10 – Ritual Slayings (Goat Worship Pure)
11 – Evil Prevails
12 – Last Rites / Echoes of Melancholy (Outro)
13 – From Beyond the Grave (part 2) bonus presente solo nella ristampa

Alex “Engash-Krul” Calvi

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