Recensione: The Dividing Line
Sebbene siano nati nel 1999, i finlandesi Blind Stare giungono solo ora a dare alle stampe il secondo full-length, “The Dividing Line”, peraltro a sette anni di distanza dal debut-album “Symphony Of Delusions”. Ci sono altre tracce discografiche (cinque demo e un EP), certo, ma la difficoltà a rendere stabile per un po’ di tempo la line-up ha sempre accompagnato malignamente, come un’ombra sinistra, l’operato di Anders Öström, chitarrista e unico membro fondatore sopravvissuto allo scorrere dei lustri.
Il quale, però, deve aver avuto tutto il tempo per elaborare con profitto uno stile pressoché unico, per la sua creatura. Nel cui sound si trovano per l’appunto tantissimi elementi di generi diversi, incastrati tuttavia con tenacia e maestria. Tali, cioè, da materializzare una forma musicale dotata di una fortissima personalità, perfettamente visibile quindi accessibile con una facilità inversamente proporzionale alla complessità delle idee messe in campo da Öström stesso e i suoi compagni. Forse (e si sottolinea forse), appare più corretto inserire “The Dividing Line” nell’infinita famiglia del death proprio perché essa, ormai, ha così tante diramazioni e contaminazioni da essere quasi (e si sottolinea quasi) omnicomprensiva delle più moderne proposte in ambito di metal estremo. Ecco, allora, che nell’album non è difficile osservare molte orme stilistiche, sparse con abbondanza qua e là, lasciate dal gothic metal, dall’heavy, dal power melodico; con tanti richiami al rock psichedelico grazie all’uso di sonorità (sintetizzatore analogico, organo hammond e pianoforte elettrico) che richiamano i Pink Floyd e la loro lisergica epopea dei primi anni settanta. Si è trattato a ogni modo solo e soltanto di ritoccare la tela con delle pennellate dalle sfumature vintage, poiché il suono che i Blind Stare sputano dagli speaker è assolutamente moderno ed evoluto: antico e attuale allo stesso tempo, insomma.
Oltre ad aver creato un sound così ‘esteso’, un altro, grande pregio dei Nostri, tecnicamente impeccabili e professionisti esemplari, è quello di riuscire a finalizzare l’enorme inventività che frulla nelle loro teste in una proposta tutto sommato semplice e lineare; accessibile anche da chi ama le melodie schiette e veraci, lontane da inutili tecnicismi fini a se stessi. “The Dividing Line” è un lavoro pieno zeppo di musica che non stanca mai e che, per la sua naturalezza e scioltezza, invoglia a successivi ascolti per gustarne con calma tutti i singoli passaggi, per assorbirne l’inventività. A voler cercare il pelo nell’uovo si può osservare che, magari, due cantanti i quali si occupano entrambi delle clean vocals, sovrapponendosi e/o differenziandosi sulle medesime, possono rendere le linee vocali stesse non perfettamente chiare e leggibili. Sarebbe stato meglio, a parere di chi scrive, separare nettamente i ruoli (come per esempio nel caso degli Scar Symmetry) per aumentare quel senso di ordine che, già di base, possiede il suono del combo di Turku. È un peccato veniale, niente più.
Ma la freschezza di “The Dividing Line”, che tiene assai lontano il rischio-noia, si deve alla varietà delle canzoni; molto diverse fra loro ma uguali nello spirito. Uno spirito libero, mai intrappolato in cliché prestabiliti. Come insegna l’opener “Cold New World”, per esempio, che nel riff portante riesuma alla memoria echi lontani della NWOBHM ottantiana (Iron Maiden, Tokyo Blade). Il superlativo solo di chitarra, inoltre, dimostra di che pasta sia fatto – anche in termini di gusto e classe – Öström. “Mind’s Armor”, poi, è una song che non si troverebbe certo male in un disco dei Nightwish per via delle sue maestose sinfonie. Sensazionale, ancora, il ritornello di “Bring Down The Tears”, fatto apposta per volare nel mondo dei sogni. Mondo in cui si resta ancora per un po’, avvolti dal languido ritmo della trasognante “Mindless Dreams”. “Death And Rebirth”, senza che si rinunci alla melodia, indurisce il taglio di “The Dividing Line”: i Blind Stare, quando occorre, pestano come fabbri. La sinfonia in grande stile compare nuovamente in “Blessing Of Freyja”, segnata dal growling aggressivo di Eino Tuominen. Con “The List” è il momento di abbandonare la lucidità per immergersi in una buia marea dal sapore assai acido. Le dolci, morbide e vellutate armonie dell’incipit di “Redemption” lasciano presto lo spazio a un brano lungo, dai toni drammatici e sofferti. “The Disciple” è una scudisciata sulla schiena che conferma la capacità del sestetto nordeuropeo di saper far male, quando vuole; ma, sempre e soltanto, sapendo inserire delle armonizzazioni irresistibili nella loro capacità di essere accattivanti senza mai scadere nell’ampollosità. “Daughter Of The Sun” si svolge come se fosse stata composta per un film fantasy, anch’essa deliziata da un refrain assolutamente memorabile. La forza dirompente della stupenda strofa di “Legion Of Lost Minds”, e ovviamente del relativo chorus, rende merito nuovamente alla grande capacità compositiva dei Blind Stare.
Blind Stare che, con questa eccellente opera, rappresentano una delle sorprese più liete dell’anno nella cerchia del metal estremo. Un’opera da far propria affinché non finisca, ingiustamente, nel dimenticatoio: sarebbe un peccato mortale.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Cold New World 3:44
2. Mind’s Armor 4:12
3. Bring Down The Tears 4:39
4. Mindless Dreams 5:15
5. Death And Rebirth 5:09
6. Blessing Of Freyja 3:28
7. The List 4:34
8. Redemption 7:03
9. The Disciple 4:22
10. Daughter Of The Sun 4:07
11. Legion Of Lost Minds 4:54
Durata 51 min.
Formazione:
Eino Tuominen – Voce (lead growl & clean vocals)
Jaakko Lehtinen – Chitarra/Voce (lead clean vocals)
Anders Öström – Chitarra
Ossi Elonen – Basso
Timo Palokankare – Batteria
Tuomas Riihimäki – Tastiere