Recensione: The Dusk
Gli Orghia nascono ufficialmente nel 2006 dall’unione di 5 amici di lunga data, i quali, dopo aver affilato le armi in numerosi altri gruppi, finalmente si trovano a suonare assieme e tentano, in questa nuova collaborazione da loro stessi definita come una “rinascia musicale”, di fondere l’attitudine thrash metal alle sonorità tipiche della scuola scandinava del death metal (i nostri dicono At The Gates). Il risultato è dunque un thash/death non eccessivamente rapido che si concede accelerazioni in blastbeat solo in rari casi (vedere l’intro di a Pale Sunrise) e punta invece molto di più su parti in mid tempo caratterizzate da un incedere marziale che comunica sì malvagità, ma riesce anche a stancare in breve tempo.
Il disco parte con un’intro nella quale sentiamo volare degli elicotteri in un’atmosfera da film sul Vietnam degli anni 80; la voce che conclude la traccia tuttavia è caratterizzata da una pronuncia inglese assolutamente insufficiente, la quale dà all’ascoltatore la sensazione di stare ascoltando un album amatoriale più che un prodotto professionale pronto a competere sul mercato discografico. Il fatto di essere a conoscenza che il mixaggio di questo platter è stato fatto in svezia da Klas Ideberg e Peter Wildoer porta naturalmente ad ascoltare tutto con maggiore attenzione, ma la percezione di base non cambia: tutti gli strumenti danno l’impressione di essere stati registrati con una buonissima strumentazione di base, ottimi microfoni e preamplificatori, ma di essere stati mixati con una mentalità un po’ desueta che non ha badato a ricercare la perfezione in tutto, ma piuttosto, forse volendo inseguire un tipo di produzione in voga venti o trent’anni fa, ha lasciato che chitarre e batteria suonassero molto grezzi ed il basso non si sentisse quasi, evitando di fare un editing minuzioso e dunque consegnando all’ascoltatore finale un prodotto che suona veramente datato.
La situazione purtroppo non cambia quando si va ad analizzare la parte compositiva della faccenda in quanto le canzoni non sono all’altezza del livello che ad oggi è richiesto per uscire dalla massa: a parte la tecnica strumentale non eccelsa e la mancanza di arrangiamenti degni di questo nome se si esclude qualche armonizzazione e le immancabili parti soliste (che comunque non sono nemmeno troppe) ogni singolo brano da Hostages of Fate a A Pale Sunrise non propone una singola innovazione e nemmeno riesce ad entusiasmare riprendendo in maniera degna i mostri sacri del passato, e questo soprattutto quando i nostri cercano di pescare nella tradizione svedese. Intendiamoci: non si sta dicendo che questo The Dusk sia un disco che contiene brani indecenti, l’esperienza musicale degli Orghia si percepisce, ma il problema è che essi, nonostante una buonissima attitudine verso il genere suonato ed una tecnica strumentale comunque adeguata (sebbene non eccelsa), mancano di professionalità in tutte le parti della lavorazione, dalla composizione all’arrangiamento, dalla produzione fino all’artwork di copertina ed al logo della band. A Queste condizioni non si può proprio promuoverli.
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Tracklist:
1. Intro
2. Hostage Of Fate
3. Apocalypse Tomorrow
4. Hellcome Back
5. Ultimatum
6. Final Flash
7. The Dusk
8. From The Ashes
9. Door To Nowhere
10. First Light
11. A Pale Sunrise