Recensione: The Early Years
Gli Eluveitie sono il classico tipo di band che spacca il panorama metallico in due. Da un lato chi ascolta metal estremo e bolla gli svizzeri come band commerciale che cerca di alleggerire il death per renderlo commestibile al pubblico “vasto”. Dall’altra il pubblico appunto “vasto” (se così si può definire la massa di coloro che sono in grado di reggere le growling vocals per almeno 60 minuti di album) che senza problemi si lascia stregare vuoi dal mix sapientemente costruito di flautini e chitarrone, vuoi dagli occhioni verdi della cantante Anna Murphy.
Poi ci sono anche quelli a cui gli Eluveitie stanno antipatici per il semplice fatto di cantare in gallico, vale a dire una lingua che nessuno parla da almeno 2000 anni e che non è neppure dotata di un corpus particolarmente nutrito. Un argomento quest’ultimo, su cui si potrebbe stendere un saggio di almeno venti pagine, ma che in sede odierna vi sarà fortunosamente risparmiato. Limitandoci a rendere ad Orgetorige quel che è di Orgetorige però, bisogna ammettere che Slania sia un bel disco, salato e saporito, ed allo stesso modo Evocation I sia dotato di un’atmosfera davvero magica.
Ma veniamo dunque a The Early Years, doppia compilation che va ad aggiungersi alla quantomai nutrita discografia degli elvetici, gruppo che almeno in quanto a prolificità può mettere a tacere chiunque. Il titolo potrebbe lasciar supporre una raccolta di demo e rarità che non hanno trovato spazio nei vari full length dei nostri, ma no, si tratta di una riedizione unificata di Vên e Spirit, vale a dire primo EP e primo album degli Eluveitie. Operazione becera e commerciale direte voi, dunque perfettamente legittima nel caso di una band mainstream, pure a mitigare gli animi rimane il fatto che le edizioni originali siano ormai vendute e fuori catalogo. Quindi l’operazione non è del tutto priva di un senso, anche se un live avrebbe fatto molto più contenti i fan. D’altro canto, la band approfitta dell’occasione per ri-registrare Vên, fornendogli una produzione degna del suo nome, dando così lustro a delle canzoni che, secondo gli annali di Truemetal, tutto erano fuorché qualcosa di trascendentale.
E bisogna dire che Vên dopo la riregistrazione, continua a mantenere tutti i suoi difetti di disco insipido, noioso e modellato essenzialmente sul sound di certi Finntroll, tuttavia con più death metal e molta, molta meno verve. Un lavoro decisamente privo di idee, che all’accordion dei finlandesi sostituisce alcuni flauti rimanendo, tuttavia, piatto e spoglio come la puszta magiara durante una nevicata, mentre invece lo scontro di folk e metal dovrebbe riportare alla mente le asperità montagnose della Svizzera. Unico sussulto rimane Jezaig, laddove il folk prende nettamente il sopravvento, anticipando di largo tempo le soluzioni di Evocation I. Decisamente meglio il debut album, dove la proposta si fa più personale e vi sono dei pezzi di indiscutibile valore come Your Gaulish Ear, Siraxta e The Dance Of History, ma ad ogni modo per il giudizio su quest’album possiamo tranquillamente rimandare alla recensione dedicata.
In sintesi dunque ci troviamo innanzi ad una operazione commerciale di dubbia utilità e che poteva essere fatta assai meglio. Già l’idea di pubblicare un doppio per 73 minuti di musica in tutto risulta discutibile. Anche peggio la scelta di mettere Spirit nel secondo CD, per quanto cronologicamente ineccepibile, lo fa apparire di secondaria importanza. Sarebbe stato assai più sensato condensare il tutto in un disco inserendo il demo in coda come delle bonus track. Il voto che dunque consegue non è una bocciatura nei confronti della musica degli svizzeri (per quanto Vên si attesti sotto la sufficienza), ma della loro abilità di marketing.
Tiziano “Vlkodlak” Marasco
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