Recensione: The Elektra Albums 1983 -1987

Di Mickey E.vil - 25 Gennaio 2023 - 8:00
The Elektra Albums 1983 -1987
Band: Dokken
Etichetta: BMG
Genere: AOR  Hard Rock 
Anno: 2023
Nazione:
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90

I Dokken sono probabilmente la band che più di qualunque altra ha influenzato una moltitudine di artisti che, nei leggendari ma anche deleteri anni Novanta, sfidavano le mode del tempo pubblicando dischi per etichette coraggiose come la MTM o la Now and Then. Sono stati infatti loro a codificare per la prima volta quel bellissimo cocktail di AOR e di hair metal (per quello che possono valere queste definizioni) che ha ispirato chiunque volesse cimentarsi nella miscela di potenza, melodia, ritornelli memorabili e attitudine più che rock’n’roll senza però scadere in scontatissimi eccessi.

Oggi, nuovi fan possono avvicinarsi alla band grazie ad un boxset realizzato dalla BMG che contiene i leggendari quattro album che negli anni Ottanta lanciarono i Dokken nell’Olimpo del rock americano ma anche mondiale. I lavori, di recente rimasterizzati da Andy Pearce (Black Sabbath, Motörhead), sono stati stampati sia in versione CD che LP (vinile 180g). Dicevamo, un’operazione pensata soprattutto per chi desidera approcciarsi alla band per la prima volta: i vecchi fan possiederanno di sicuro questi quattro album che, tra l’altro, nel boxset non recano alcuna bonus track di sorta.

Il debutto Breaking the Chains originariamente uscì in Europa nel 1981 con mix e brani differenti rispetto alla più conosciuta versione americana (quella presente nel cofanetto), realizzata due anni dopo. I Dokken debuttano sotto l’egida di Sua Maestà Michael Wagener (Alice Cooper, Skid Row, White Lion) che, giovanissimo, si avvicina al mixer lui stesso per la prima volta proprio per produrre la band di Los Angeles. Il disco è compatto, coerente nel voler definire un sound melodico ma allo stesso tempo aggressivo. Interessante ‘Seven Thunders’ che pare essere uscita da un lavoro dei Blue Öyster Cult (mostri sacri provenienti “dall’altra costa”), band alla quale tra l’altro i Dokken faranno da spalla per il primo tour promozionale per Breaking the Chains. Non mancano goliardici inni tipici della scena losangelina, nella fattispecie la scanzonata ‘Young Girls’ che – in un’epoca libera dal “politicamente corretto” – include versi inequivocabili come «Sweet young girls, I love them all!». In più di un brano si sente quella carica irriverente tipica del Sunset Boulevard, gaudente sì ma anche intrisa di quelle atmosfere crepuscolari e metropolitane che in futuro saranno molto care a band come gli L.A. Guns. Da segnalare l’inconsueta scelta di non includere una ballad in tutto l’album.

Con Tooth and Nails, come suggerito dal titolo, i Dokken affilano davvero le unghie e i denti alzando non di poco l’asticella rispetto al già meritevole primo lavoro. ‘Without Warning’, minacciosa intro strumentale a base di stranianti arpeggi e assoli di chitarra accompagnati da tappeti di synth, getta le basi perché la title track possa esplodere in tutta la sua gloria: qui i Dokken sono veloci come non mai e, in generale per tutto il disco, aumentano rispetto al debutto la dose di cattiveria. Questo è probabilmente spiegabile con il fatto che dietro la consolle, Michael Wagener si limita al missaggio lasciando l’onore e l’onere della produzione a Tom Werman che ancora odorava di zolfo dopo aver lavorato al mefitico Shout At the Devil dei Mötley Crüe. Distanziandosi dalla linea dettata da Breaking the Chains, i quattro sperimentano la composizione della loro prima ballad, ‘Alone Again’ (che mantiene comunque un feeling quasi decadente) snocciolando poi brani densi di atmosfere allo stesso tempo notturne ed infuocate. È il caso della prima hit dei Dokken, ‘Into the Fire’ che qualche anno dopo troveremo all’interno della colonna sonora di Nightmare 3 – I Guerrieri del Sogno. La conclusiva ‘Turn On the Action’ avvicina le sonorità della band a quelle dei loro quattro folli concittadini Mötley Crüe, chiudendo un disco che fa della perfezione la propria cifra stilistica.

Per il terzo album, Under Lock and Key, il redivivo Wagener unisce le proprie forze a quelle dell’astro nascente Neil Kernon, già noto per i lavori con Kansas e Peter Gabriel. Il disco, pur attenuando la carica aggressiva, è la conferma che la formula di Tooth and Nails è vincente sia in termini di mirabolanti vendite che di popolarità tra i fan e addetti ai lavori. Ad oggi la critica lo considera come l’album probabilmente più completo dei Dokken, dato che contiene tutti gli ingredienti – come sottolinea Eduardo Rivadavia di Allmusic – necessari perché piaccia ad ogni tipo di fan. Su brani mid-tempo come il singolo di successo ‘The Hunter’, George Lynch ha la possibilità di esibire virtuosismi chitarristici che ben presto gli consentiranno di lavorare con un mostro sacro come Tony MacAlpine. In generale il sound “asciutto” del disco, ben diverso da quello riverberato dei lavori precedenti (soprattutto per quanto riguarda la batteria), avvicina i Dokken alle grosse produzioni mainstream: questa volta i quattro cedono addirittura alla tentazione di includere una canonicissima ballad, la dolce ‘Slippin’ Away’. Ma ci pensano brani grintosi come ‘Lightning Strikes Again’ e la conclusiva ‘Til’ the Living End’ a rassicurare i fan del lato più impetuoso dei Dokken che, messi a dura prova da tensioni interne, si apprestano a chiudere questa prima fase della loro carriera con un raffinato e coinvolgente canto del cigno.

Back For the Attack è il primo album orfano della figura di Michael Wagener: qui la produzione è interamente affidata a mr. Kernon. Si tratta di un disco particolarmente lungo (la durata supera l’ora) che in termini di sound poco si discosta dal suo predecessore, se non per un miglioramento nel suono della batteria (decisamente più naturale). Per certi versi, come nel caso di ‘Night by Night’ e ‘Lost Behind the Wall’, si ritorna alle atmosfere di Tooth and Nails, quelle del crepuscolo che avvolge la metropoli californiana. Una novità viene introdotta con ‘Mr. Scary’: si tratta di un brano interamente strumentale decisamente percussivo che consente a George Lynch di districarsi tra assoli dissonanti che creano un’atmosfera perturbante dettata dal blues malato che caratterizza il brano. Il momento topico dell’album arriva alla fine, con un brano – degno successore di ‘Into the Fire’ – composto appositamente per la colonna sonora di Nightmare 3 – I Guerrieri del Sogno. Memorabile il videoclip con protagonista la divina Particia Arquette, salvata dalla musica dei Dokken che mette ko il villain Freddy Krueger.

The Elektra Albums 1983 -1987 è la celebrazione definitiva dell’age d’or dei Dokken, di quel picco che in seguito non è stato mai più raggiunto sia per l’epoca, che nel frattempo era cambiata, sia per le questioni mai risolte tra i membri storici di questa grande band che merita un posto di rilievo nel gotha del rock melodico grazie alla traccia lasciata, che ha segnato un’era in modo indelebile.

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