Recensione: The End Complete

Di Nicola Furlan - 2 Marzo 2007 - 0:00
The End Complete
Band: Obituary
Etichetta:
Genere:
Anno: 1992
Nazione:
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85

Sfido chiunque mastichi anche solo un po’ di death metal a non conoscere I’m In Pain o
Rotting Ways, canzoni d’apertura e chiusura di un disco che racchiude, inoltre, sette ulteriori pugnalate sonore di estrema veemenza ovvero di death metal purissimo. L’album esce in un periodo particolarmente felice e vincente per il death metal mondiale e succede a
Cause of Death (1990), chiave di volta del genere e di notevole ispirazione per molti.

Dopo la parentesi di Murphy si rivede alla chitarra solista Allen West che aveva a suo tempo presenziato nel primo
e primordiale Slowly We Rot (1989). La band vive di ciò che ha seminato e
qui altro non fa che confermarsi nuovamente ad altissimi livelli, sia tecnici che qualitativi.

I canoni che caratterizzano The End Complete sono più o meno gli stessi del precedente e
questa, più che lasciare a bocca aperta, è stata una quasi certezza assolutamente ben accolta dalla critica e dai fan. Differenze comunque ce ne sono e sono presto dette.

Andando in profondità emergono piccole difformità dal punto di vista del songwriting. Si viene a contatto con sonorità più gravi, ossessive e
cadenzate: densi e profondi suoni avvolgono l’ascoltatore in una morsa ferrea, a differenza di
Cause of Death in cui l’atteggiamento groovy era più dinamico e meno opprimente. La teatralità degli ambienti che
gli Obituary disegnano non acquista la maestosità del precedente, però c’è anche da dire che il fascino del loro tiro non viene meno per questo. La botta è sottilmente meno deflagrante, ma sono parecchie le ferite che se ne determinano.

Anche la produzione si rifà quasi totalmente al recente passato – se non forse per una maggiore cura dei suoni – confermando il definitivo abbandono a quel modus operandi che in studio aveva messo l’accento sul “grezzo” e seminale trattamento
di Slowly We Rot (1989) e amplificando il fenomeno per cui il death metal dà lì in poi avrebbe preso piede su linee produttive più pulite per un sacco di colleghi.

In definitiva un album che chiude una prima parentesi storico compositiva del quintetto floridiano. Un sigillo ancora intatto all’usura critica del tempo e dei giudizi. Con
Slowly We Rot, Cause of Death e The End
Complete
è stato posto un mattone importantissimo del genere: la storia mondiale del death poggia le sue fondamenta stilistiche ed espressive anche su questi grandissimi
album, e The End Complete ha il grande onore di farne parte.

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