Recensione: The Endgame
Che gruppo. Che musica. Che classe!
È una fregatura parlare in una recensione dei Treat. Si rischia di sembrar banali. Di buttare a vanvera aggettivi altisonanti per definirne l’ennesimo passaggio “alto” di una seconda parte di carriera entusiasmante.
Vero è che a scrivere è un loro fan accanito da sempre, ragion per cui la partigianeria è dietro l’angolo. Ma è altrettanto vero che da “Coup de Grace” del 2010, il gruppo di Anders Wikstrom e Robert Ernlund non ha perso nemmeno un singolo colpo.
Tutti album – con “The Endgame” fanno quattro – bellissimi, corposi, ricchi di canzoni scritte con una capacità divina di mediare il rock con l’AOR in una formula “nordeuropea” che, ormai è sempre di più loro peculiarità esclusiva.
Buttiamo benzina sul fuoco: i Treat sono esattamente, quello che gli Europe non sono più da un bel po’. Troppo avvitati, questi ultimi, in una rincorsa alla modernità che non appartiene al loro dna e li rende meno orecchiabili, divertenti e coinvolgenti di quanto vorrebbero i fan.
I loro cugini Treat al contrario, fanno della tradizione un vessillo, senza snaturarsi ma nemmeno senza apparire vintage o impolverati.
“The Endgame” lo conferma ancora, scintillando in un oceano di suoni cesellati con perizia, messi in fila astutamente e costruiti con la sicurezza trentennale dei veterani. Supportati però da una tale capacità di mezzi ed una veduta tanto precisa, dal sapere con matematica certezza come assemblare un disco che mandi al tappeto i tre quarti dei competitori in circolazione.
C’è tutto, in effetti, quello che un fan del melodic rock può desiderare. La solita, smodata e copiosa caterva di belle melodie. Ritornelli da air play, di quelli che fanno il botto sul palco.
Una produzione dei suoni piena e robusta, ideale per rendere il piacere d’ascolto più intenso e completo.
Le canzoni, scritte con il manuale, che sanno quasi per magia interpretare le voglie di chi ascolta questo genere. E soddisfano, facendo desiderare di ripetere l’esperienza più volte.
Un disco perfetto?
Verrebbe da crederlo. Sin da subito, dalla prima canzone “Freudian Slip”, che dice tutto in pochi minuti e mette in chiaro tutte le parole, in fondo inutili, spese sin qui…
Se poi serviranno altre certezze, “Home of the Brave“, “Carolina Reaper” e “Sinbiosis” potranno fornirne in abbondanza!
Accidenti che guaio ‘sti Treat. Alla fine non puoi che parlarne in termini entusiastici, nonostante, in fondo non inventino nulla di nuovo.
Certo.
Forse perché, dopo tutto, questo modo di suonare e fare melodic rock sono stati proprio loro ad inventarlo e a farlo diventare un trend. Come dire, “hanno il marchio di fabbrica“. O meglio, il brevetto! Vincono facile, insomma.
Non fosse che abbiamo ascoltato da poco il nuovo disco dei Reckless Love e siamo in attesa degli H.E.A.T. (nord Europa mon amour!), saremmo già qui a strombazzare di disco dell’anno.
Per chi è dentro alle questioni melodiche, se la gioca: “The Endgame” ci sarà, sicuramente, nella lista dei migliori.
Resta comunque un dato di fatto: i Treat allungano la lista di belle cose che stanno uscendo sul mercato in quest’ultimo periodo. Dati i tempi cupi, nerissimi, carichi di malsano pessimismo in cui ci troviamo catapultati, almeno la nostra musica del cuore sembra venirci in aiuto. Per aiutarci a scappare almeno per un po’ da questa realtà assurda…