Recensione: The Epiphany
Come recita un vecchio adagio: l’abito non fa il monaco. Questo è uno di quei casi che confermano la validità della celebre massima: se dovessimo infatti giudicare The Epiphany dalla copertina (davvero orribile) il disco all’interno del packaging non finirebbe mai nell’apposito lettore.
Per fortuna, però, l’esordio discografico (targato Magna Carta) degli X Opus, progetto del polistrumentista James Williams, è tutt’altro che da buttare, soprattutto per chi ama la corrente neoclassica e sinfonica dell’universo metal.
Le poche note biografiche reperibili dicono che sono da accreditare a James Williams tutti gli strumenti, escluse le lead vocals (di Brian Dixon e David Crocker) e la batteria, in ogni caso da lui programmata. Una sorta di one man band quindi? Non proprio, visto che la formazione ufficiale ora comprende Matthew Bowers alle tastiere, Jesse Gallegos al basso e Corbett Tucker dietro le pelli. Se i nomi diranno poco o (con ogni probabilità) niente ai più, a parlare è la musica di questi X Opus: cascate di note sparate dallo shredder statunitense, orchestrazioni, linee vocali epiche e per lo più azzeccate dicono che i punti di riferimento di Williams sono, com’è facilmente riconoscibile, Malmsteen e i Symphony X (e di riflesso band che hanno preso spunto da questi, come i francesi Adagio dei primi due dischi).
Una buona produzione, anche se non impeccabile, consente di apprezzare le frequenti scorribande sulla tastiera della chitarra del mastermind (un vero e proprio funambolo) in grado di far passare quasi inosservate altre pecche (ad esempio una batteria a tratti irritante per suono e staticità). Per fortuna, però, la proposta degli X Opus non si limita ad una sequenza infinita di scale alla velocità della luce, riuscendo ad evitare di far apparire le canzoni come un campo di battaglia per enfatiche masturbazioni sonore di uno dei tanti shredder che, con la scusa di pubblicare un disco, riversano su insignificanti tappeti musicali il proprio inutile e ridondante narcisismo.
Intendiamoci: non che al chitarrista statunintense manchi l’ampollosità tipica dei colleghi più illustri, ma riproporre lo stile neoclassico nel momento in cui anche uno dei suoi esponenti di spicco (Michael Romeo, of course) lo ha pressochè abbandonato, rende il recupero di questo modo di intendere la musica interessante, da un certo punto di vista. Se poi questo viene fatto con buon gusto nella costruzione dei brani… beh, ben venga.
Le canzoni sono più o meno tutte degne di nota, tanto che nell’ora scarsa di The Epiphany non ci sono tracce di veri e propri riempitivi (con l’eccezione dell’intermezzo che dà il nome al disco). Non manca anche una certa varietà: se alla base c’è, come ricordato in precedenza, sempre lo stile neoclassico, sono da apprezzare tutte le sfaccettature che la musica degli X Opus assume: dall’aggressività di pezzi quali Terrified e Pharaohs Of Lies, all’orecchiabilità dei ritornelli di On Top Of The World (primo singolo) e di I’ll Find the Truth, power song accattivante ma non irresistibile. Interessante, invece, l’incedere cadenzato di In The Heavens, pezzo che potrebbe far tornare alla mente, soprattutto per il cantato, le prime cose dei Queensrÿche e che, inoltre, vanta un’ottimo intro di acustica.
Non è certamente di grande interesse, come accennato in precedenza, l’intermezzo orchestrale di The Epiphany (Opus Benedictus Interlude), mentre I Will Fly e la lunga (oltre dieci minuti) ed oscura Forsaken (Requiem Of The Forsaken) ci tuffano in pieno déjà-vu. Se poi le conlusive Angels of War e Never Forgotten non riescono a fare di The Epiphany un capolavoro, nemmeno ne abbassano la più che sufficiente media: la prima regala l’ultima scarica di adrenalina grazie ad un power veramente tosto, la seconda (strumentale) ci fa apprezzare un Williams encomiabile in versione sia acustica che elettrica, in un pezzo di grande atmosfera, con ottime parti solistiche ed un tema interessante e ben sviluppato.
Nulla di nuovo, quindi, sotto il sole: The Epiphany va ad attingere lì, dove altri nel passato hanno gettato le basi di un sottogenere che, per fortuna o purtroppo, oggi sembra ormai abbandonato dai più. D’altro canto c’è da dire che a James Williams sembra non interessi più di tanto essere originale, quanto scrivere ed eseguire buona musica che, nonostante tutto, riesce a suonare sufficientemente fresca e piacevole.
Gli X Opus potrebbero interessare soprattutto a chi rimpiange il power-prog neoclassico per come lo intendevano (ma come non lo concepiscono più) le band di Michael Romeo e Stéphan Forté.
Un tantino démodé, ma vale l’ascolto.
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Tracklist:
01. Terrified 5:43
02. On Top Of The World 3:56
03. Pharaohs Of Lies 6:22
04. I’ll Find The Truth 4:19
05. In The Heavens 5:38
06. The Epiphany (Opus Benedictus Interlude) 1:50
07. I Will Fly 7:09
08. Forsaken (Requiem Of The Forsaken) 10:39
09. Angels Of War 4:56
10. Never Forgotten 6:58