Recensione: The Evil In You
Un gusto raffinato per gli arrangiamenti mescolato ad un’inclinazione innata per il power metal: questa è la ricetta che sospinge gli At Vance sempre più lontano rispetto alla diretta concorrenza e permette loro di ritagliarsi una fetta più che onorevole nel panorama del metal che conta.
Già affermati grazie a due album come “Heart Of Steel” e “Dragonchaser”, devono affrontare un cambio di lineup che spesso è inesorabile per la carriera di molte band: infatti proprio recentemente è terminata la collaborazione con il singer Oliver Hartmann, che aveva suscitato non pochi apprezzamenti tra gli addetti ai lavori, guadagnandosi anche diverse apparizioni in progetti ambiziosi quali metal opera et similia.
Il sostituto di Hartmann è Mats Leven, noto per la sua militanza nei Rising Force di Yngwie Malmsteen, e per il sottoscritto uno dei migliori singer del guitar hero. La scelta, quindi, si è riversata su una timbrica non troppo distante da quella di Hartmann, seppure più legata a sonorità hard rock/metal neoclassico. In effetti il cambiamento si ripercuote sul songwriting della band, che assume toni più melodici e corali, abbandonando quasi definitivamente quella ingenuità compositiva che aveva caratterizzato i lavori precedenti. Ora gli At Vance sono una band matura da tutti i punti di vista, pronta per i palcoscenici più importanti, forte della classe compositiva del suo leader Olaf Lenk, in grado di assolvere all’arduo compito di dare freschezza a un genere in cui risultare originali è sempre più un’impresa. E in effetti non sarà proprio l’originalità a decretare l’eventuale successo degli At Vance, visto che la presenza degli ispiratori (Rising Force, Rainbow, Royal Hunt su tutti) è sempre ben orecchiabile; che un pezzo sia un up (“Right Or Wrong”, “Fallen Angel”, “Streets Of My Dreams”) o un mid tempo (“Broken Vow”, “Evil In You”, “The Curtain Will Fall”), una ballad (la favolosa “Shining Star”) o una hit radiofonica (“One Million Miles”, “Princess Of Ice”), che il vocalist si prodighi in quei 5 o 6 mi cantini per pezzo, poco importa: perché un pezzo sia davvero vincente è necessario creare il mood giusto, e riuscire a far trasparire il feeling tra musicista e strumento. Se questo significa dover pescare a piene mani dal repertorio pomp/aor ottantiano onde ottenere ritornelli di sicuro impatto e riff memorabili, ben venga, visto che a farlo non sono certo degli sprovveduti, ma cinque ragazzi che, a quanto pare, ne sanno.
P.s.: Il voto sarebbe anche più alto se sul disco non fosse comparsa la decima traccia, ovvero il sedicesimo capriccio di Paganini in versione solo guitar, non certo deprecabile esecutivamente, ma del tutto fuori luogo.
Tracklist:
- Fallen Angel
- Broken Vow
- The Evil In You
- Stronger Than You Think
- The Curtain Will Fall
- One Million Miles
- Right Or Wrong
- Shining Star
- Streets Of My Dreams
- Caprice No. 16
- Princess Of Ice