Recensione: The Evolution of Chaos
Cosa deve fare oggi una band per suonare thrash Bay Area senza per questo venir accusata di poca ispirazione e patetismo? Beh, a voler essere spontanei, mi verrebbe da affermare che non esiste gruppo, seppur bravo, di richiamare con slancio innovativo quelle sonorità e quell’attitudine propria dei musicisti giovani, ribelli e determinati che fecero la storia del thrash anni ottanta, del thrash bay area. Come altre correnti underground, anche il thrash è nato da un’esigenza irrazionale: la voglia di sputare in faccia al mondo quella realtà spesso messa a tacere da media e predicatori. Nessun musicista, nemmeno il più famoso, ha iniziato a suonare con la certezza di diventare una rockstar. Prendeva in mano uno strumento, qualche cassa di birra da tenere in sala prove e si armava di buona volontà per cercar di mettere in musica quello che sentiva dentro. Ma i sedici anni non sono i quaranta, e le band, che al tempo cercarono di emergere, ora hanno quella di campar fino fine mese e, come potete intuire, le motivazioni e gli istinti sono assai difformi da quelli di gioventù.
Sono inoltre passate le mode e la visione dei problemi sociali, ma sopratutto è passato il modo di intendere la musica. Vi siete mai domandati perché tante di quelle thrash band sono tornate in azione? Perché Mortal Sin, Sacred Reich, Forbidden, Defiance, Toxik e altri, si sono rimessi in gioco con la quasi certezza (in alcuni casi smentita) che il disco in lavorazione avrebbe colpito nel segno? Beh, le risposte potrebbero essere infinite. Una di queste è la sete di riscatto. Nascono allora album validi, composti e suonati da musicisti che al tempo facevano di tutto per poter eguagliare quanto prodotto dai mostri sacri della scena americana e, per tal motivo, ricchi di un rispettabile ‘modus componendi’ che solo una scuola così importante poteva stimolare. Una scuola che dettava i tempi della perfezione più che dell’innovazione: questo ero l’obiettivo; o lo centravi, o potevi considerarti fuori dai giochi. È per tal motivo che tante di queste band non andarono oltre i tre, quattro dischi pubblicati. Ma una nuova chance è arrivata. Ultima e importante perché permette una sorta di ‘riscatto’.
E tra i tanti, ecco nuovamente in pista gli Heathen, storica thrash metal band californiana nata nel 1984 dalla volontà del talentuoso chitarrista Lee Altus (Angel Witch, Exodus) e del batterista Carl Sacco (Metal Church). Nel corso dei sei anni successivi la band pubblica due dischi di grande spessore artistico: il classico “Breaking the Silence” (1987) e il brillante “Victims of Deception” (1991). Platter che al tempo avevano colpito per qualità compositiva, ma sopratutto per le eleganti sezioni ritmiche e armoniche idealizzate dai cinque. Oggi come ieri, il quintetto, capitanato ancora dallo storico Altus, propone undici brani di qualità superiore. Brani coerenti con il credo di thrash metal che ne aveva contraddistinto gli esordi, ma fatto talmente bene da riecheggiare senza sentimentalismo i fasti dei tempi andati. Diciamolo fin da subito: gli Heathen non inventano nulla di nulla, anzi sono frequenti i rimandi agli stilemi compositivi di uno dei più significativi e imitati album della bay area ovvero “The New Order” (tralasciando volutamente “Master of Puppets” dei Metallica). La vena Testament chiaramente non manca, come non manca la marcata ricerca di infarcire i pezzi di soli, così come hanno da sempre fatto i Megadeth di Mustaine, da sempre convinto sostenitore dell’importanza che un solo conferisce all’identità della canzone.
Pure l’incedere dei brani (significativamente sostenuto come regola vuole) riporta alla memoria idee già concretizzate dalle band che bazzicavano per le strade dell’infuocata Bay Area. Ma quale è allora il punto forte di “The Evolution of Chaos”? A differenza di tanti tornati in auge, autori di bei dischi, ma ordinari, qui tutto converge all’eccellenza: sezioni ritmiche, soli, linee vocali, la batteria, la voce, persino la produzione è stata bilanciata in maniera tale da non soffocare quelle imperfezioni che di fatto erano ingrediente imprescindibile d’ogni disco thrash che sapesse farsi rispettare. In sostanza gli Heathen hanno composto un disco perfetto, vario, ricercato, ma sopratutto molto, molto spontaneo. Pezzi straordinariamente riusciti come Dying Season, No Stone Unturned, Fade Away, A Hero’s Welcome e Silent Nothingness evidenziano un songwriting ispirato ed energico, segno di entusiasmo e freschezza artistica.
Quando si parla di thrash ben composto è sempre difficile poter trasmettere l’energia che lo caratterizza. Per tal motivo mi permetto solo di consigliare agli amanti del genere di investire su “The Evolution of Chaos” perché è da anni immemori che non esce sul mercato un disco così bello di thrash americano 80’s. Il quintetto può essere considerato, al momento, il più coerente e vincente progetto riemerso dalla storia passata. Il riscatto vero e proprio inizia da qui e se in tanti prenderanno ispirazione da dischi di tal fattura, sarà davvero un gran bel caos.
Nicola Furlan
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Tracklist:
01. Intro
02. Dying Season
03. Control by Chaos
04. No Stone Unturned
05. Arrows of Agony
06. Fade Away
07. A Hero’s Welcome
08. Undone
09. Bloodkult
10. Red Tears of Disgrace
11. Silent Nothingness
Lineup:
David White: voce
Lee Altus: chitarra
Kragen Lum: chitarra
Jon Torres: basso
Darren Minter: batteria