Recensione: The Experiment Interrupted
Quel geniaccio di Federico Nietzsche ci parla di energie opposte, Apollineo e Dionisiaco. Razionalità ed impulso alla vita. Serena compostezza delle forme ed ebbrezza tumultuosa dei sensi, simbiotica coesistenza. Il segreto d’ogni atto creativo umano. Il filosofo tedesco per rendere esaustivamente l’idea, si serve del celebre esempio del frontone del Partenone. Al suo interno sono rappresentate scene di lotta, le figure umane sono mosse ed agitate (dionisiaco), racchiuse dal perfetto triangolo del frontone (apollineo).
Oggi parliamo del full length d’esordio degli Ygodeh, “The Experiment Interrupted”, un lavoro che si prefigge di contaminare il death con la musica elettronica, importando elementi dalla goa-trance psichedelica e dall’uplifting trance più languida che fa ampio uso di sinfonie d’archi e atmosfere astrali. Sono strade già ampiamente percorse e ripercorse dalle più ‘facoltose’ band dell’universo industrial e nu metal che da decenni sguazzano tra campionatori e sintetizzatori. Niente di nuovo sotto il sole.
Qualcuno si chiederà: perché introdurre questa recensione con concetti tratti dalla “Nascita della tragedia” di Nietzsche? Perché parlare di apollineo e dionisiaco? Semplice. Perché il full in questione è essenzialmente privo di entrambi. Artefatto, forzato, sterile nel contenuto, quanto manchevole di nitidezza, cura, equilibrio, nella forma.
Innanzitutto partirei parlando della sua insoddisfacente brevità. Anzi, si ha addirittura la percezione che alcuni brani siano semplici riempitivi e che quindi i lettoni abbiano fatto fatica perfino a raggiungere ventinove minuti. Dopo “To Down” con i suoi soavi violini quasi fascinosi, il sentiero sul duro selciato dell’ascolto diventa alquanto impervio, tanto che chi non ha un fuoristrada, preferirà proseguire a piedi. Risulterebbe particolarmente complesso ad esempio, (nell’eventualità che la mia teoria delle ‘zeppe’ o ‘riempitivi’ fosse falsa) comprendere il perché delle due tracce strumentali “Fragments 1” (0:59) e “Fragments 2” (1:49), ectoplasmi fugacissimi e privi di significato nell’economia del prodotto finale, concepite per farci incagliare letteralmente nelle fenditure del manto stradale dissestato, insieme a “Groove’s Night” e “Fallen’s” che non hanno anch’esse motivo per essere presenti, e che come improvvisi banchi di nebbia, amplificano oltremodo il senso di disagevole smarrimento.
Penuria d’idee per ampi tratti e dominio incontrastato di sua maestà ‘Confusione’. Tutto vorrebbe essere ciò che non è, poco chiaro, noioso, un affastellamento astruso, con esigui spunti d’interesse, da ricercare con la minuzia certosina dell’ascoltatore pignolo. Sherlock Holmes dell’arte uditiva. La contaminatio è sempre e comunque pane della creazione. Certo che sì!
Ma gli inserti ed effetti presi in prestito dall’elettronica sono da rivedere sia nella loro conformazione che nella loro collocazione all’interno dell’impalcatura dei brani. Sembrano banalmente superflue sovrapposizioni all’insegna dell’encefalogramma piatto. Inoltre, il growl poco convincente, tende durante l’ascolto ad evaporare. Complice una produzione approssimativa, così come la sezione ritmica, il guitarwork e altri aspetti del sound, che digradano spesso inspiegabilmente, perdendo d’intensità, forza ed efficacia. “Trance Orchestra”, penultima traccia, è il sunto di un obbiettivo ancora ampiamente da raggiungere.
La speranza è che quel barlume tutto sommato presente, quella scintilla, deflagri in una prossima release. Le pietre focaie della creazione vanno ancora lungamente sfregate.
Per ora, il titolo è sicuramente la trovata più coerente di questo full length. “The Experiment Interrupted”. Appunto.
Fabrizio Meo
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