Recensione: The Eyes Of Alice Cooper
Con The Eyes Of Alice Cooper torna una delle ultime vere icone viventi del rock’n’roll: ovverosia Vincent Furnier in arte Alice Cooper. Lo Zio più famoso del rock, abbandona i modernismi che hanno caratterizzato gli ultimi due lavori in studio. Brutal Planet aveva steso tutti per via di un sound moderno che bagnava il naso a tutti i suoi presunti eredi o come tali reputati. Mentre il successivo Dragontown, pur essendo un buon disco, non raggiungeva i vertici del suo predecessore, almeno per il sottoscritto. Ora il carismatico e stralunato singer si guarda allo specchio, torna indietro nel tempo e sforna un disco fatto di tredici frizzanti ed energiche canzoni di rock’n’roll grezzo e stradaiolo. Dopo una carriera ormai trentennale, fatta d’alti e bassi, ma anche d’eccessi, Alice non si dà per vinto e si mette ancora in gioco con dischi ottimi che rivendicano il suo ruolo di leader in una scena che ha contribuito in maniera massiccia a creare. Non si possono dimenticare i difficili esordi a Los Angeles con i primi due dischi pubblicati da Frank Zappa, che però si rilevarono un flop. Tornato nella natia Detroit, in fermento per band come MC5 e Stooges, Alice ed i suoi rivitalizzano la loro musica e sfornarono dischi che diventarono dei must (Billion Dollar Babies, Love It To Death, School’s Out, ecc.ecc). Brani come No More Mr. Nice Guy, Elected (una dissacrazione della classe politica Americana), o la mitica I’m Eighteen diventano colonna sonora di una generazione che si stava staccando sempre di più dai concetti espressi dal movimento Flower Power. Degna di essere menzionata è anche l’allucinata e psicopatica Ballad Of Dwight Fry, classico esempio di teatralità nel rock ed uno dei miei pezzi preferiti. Merito del successo furono show esplosivi fatti di trovate sceniche con forti riferimenti al teatro del grand guignol; in questo modo il concerto diventava una vera e propria rappresentazione teatrale in cui comparivano ghigliottine con tanto di decapitazione da parte di Alice. Da menzionare è anche il capolavoro Welcome To My Nightmare, album che vedeva anche la separazione dalla band che accompagnò il nostro nei primi anni di carriera. Poi venne il momento che i tanti eccessi, droga e alcool, si fecero sentire: i suoi dischi passarono quasi inosservati e il nome di Alice non riscuoteva più l’interesse di un tempo. Tutto questo fino a circa metà anni ottanta quando il nome cominciò di nuovo a circolare con Constrictor, ottimo album con un Alice ormai ripulito da droghe e alcool. Si susseguirono altri dischi di successo (Poison e Hey Stoopid) e tour, arrivando così ai giorni nostri che vedono un Alice Cooper quasi sessantenne ma sempre con il rock’n’roll nel sangue. Rivivono così atmosfere settantiane nella veloce e trascinante What Do You Want From Me?, un po’ sullo stile di Under Of My Wheels. Segue Beetween High School & Old School con un ritornello ruffiano e trascinante. Pezzi come Spirit Rebellious, I’m So Angry e la conclusiva Backyard Brawl mettono ben in evidenza la parte più rozza e grezza dello Zio Alice. Atmosfere cupe alla Welcome To My Nightmare si respirano in This House Is Haunted, mentre in Novocaine si respira ancora aria dell’Alice Cooper più ruffiano. Da menzionare la trascinante Detroit City che vede la partecipazione di Wayne Kramer (MC5) alla chitarra, in ricordo di un tempo passato. Molto bella è anche la ballad Be With You Awhile, mentre Bye Bye, Baby con fiati e cori femminili ti fa muovere il piedino a tempo. Non si può resistere al rock’n’roll di Man Of The Year, con un ritornello veramente coinvolgente. Dimenticavo la cadenzata Love Should Never Feels Like This seguita dalla stralunata e psicadelica The Song That Dint’t Rhyme, due brani che vanno a comporre un lavoro molto valido che non sfigurerà affatto vicino ai classici di quest’intramontabile artista. In conclusione un disco molto bello, frizzante ed energico, che merita pochi commenti e tanti ascolti. Caro e buon vecchio Zio Alice hai dimostrato ampiamente che il rock’n’roll passa ancora dalle tue parti e speriamo che continui per molto tempo ancora. Anche se un giorno queste icone del rock cederanno il testimone, non ho idea di chi possa raccoglierlo: mah…. chi vivrà vedrà. Con il disco degli Hanoi Rocks è uno dei ritorni più graditi.
Tracklist:
1.What Do You Want From Me?
2.Between High School & Old School
3.Man Of The Year
4.Novocaine
5.Bye,Bye Baby
6.Be With You Awhile
7.Detroit City
8.Spirits Rebellious
9.This House Is Haunted
10.Love Should Never Feel Like This
11.The Song That Didn’t Rhyme
12.I’m So Angry
13.Backyard Brawl