Recensione: The Fail Decade
Il nuovo capitolo degli austriaci Angry Nations, “The Fail Decade”, ancora prima di musica, è un’attenta fusione di contenuti musicali e concetti lirici. È un disco ambizioso, con un approccio di profondità concettuale e ricercatezza artistica. La stessa copertina può a tutti gli effetti constituire la ‘carta d’identità’ del full-length. Realizzata dall’artista francese Kewin Miceli (Cradle Of Filth, Sepultura, Darkside), rappresenta un samurai ‘meccanizzato’ dalla civiltà moderna, scavato di ogni sostanza, ma che non rinuncia, grazie al solido scheletro dei propri valori, a conservare la purezza degli altrettanti (propri) ideali storici.
Ed ecco che la musica, dovendo affrontare una sfida non indifferente, cerca di valorizzare il passato come il presente: ambiti estremi e feroci si scontrano, per tutta la durata, con parti più sinfoniche, lente, accarezzate dai tasti del piano, così come da echi lontani di chitarre eteree e melodiche. Sia chiaro: la band non rinuncia alla devastazione dell’estremo, ambito in cui i navigati musicisti in questione si muovono con grande agilità, grazie al notevole bagaglio tencico esecutivo che li contraddistingue, Il cantato brutale, espresso dalla voce del frontman Wolfgang Beck Cuties, dona al songwriting un’aurea di oscusità gotica, come provenisse dagli abissi del mondo così colossale e mastodonticamente donimato dall’infinito potere della Storia che tutto fagocita e nulla dimentica. Si potrebbe appuntare il fatto che ‘troppa carne al fuoco’ rischia di portare indigestione all’ascoltatore, ma sarebbe riduttivo. È invece richiesta attenzione, tempo e dedizione in quanto, al lato pratico, “The Fail Decade” non un concept album e quindi ci si potrebbe trovare molto disorientati da un brano all’altro. Ribadiamo, è richiesta attenzione, non solo musicale.
Tanti sono infatti i temi trattati dal terzetto: quelli sociali, come la pena di morte, l’operato delle forze dell’ordine o il razzismo, ma pure temi storici come L’Odissea, le teorie di Charles Darwin, la fine dell’Illuminismo o la guerra in Vietnam. Compositivamente si oscilla con violenza dal death metal tecnico al thrash metal moderno, fino a toccare ambiti tipici dell’heavy gratitico ed al groove che fa molto bene da ponte tra questo continuo balletto metallico da un’attitudine artistica all’altra. Ascoltatevi bene i testi e lasciatevi trascinare dalla musica in sottofondo. Ogni brano fa storia a sé.
Poco altro da dire. “The Fail Decade” è un disco ‘personale’, vissuto diversamente ad ogni ascolto, in grado di farvi immaginare un contesto differente di volta in volta… come quando rileggete un libro più volte. Altresì, quello che possiamo certificare dopo vari ascolti, dopo aver letto i testi dei brani, è che “The Fail Decade” non è nemmeno un album immediato e, come tale, non per tutti, ma solo per coloro che amano sedersi a tavolino, cuffie sulle orecchie e booklet sotto gli occhi a godersi le tappe del percorso disegnato tra le trame musicali di questi undici e non banali brani.
Nicola Furlan