Recensione: The Fathomless Mastery
2008: un anno in via di chiusura decisamente generoso in campo Death Metal, in particolar modo per i Nostri svedesi innamorati del metallo mortifero, quello squisitamente sporco e puro.
Dopo l’EP Unblessing The Purity e il live album The Wacken Carnage ecco finalmete arrivato il nuovo gioiello grumoso targato Bloodbath. Ne sono passati di anni dall’Ep di debutto Breeding Death: vagito mostruoso con il quale gridarono al mondo la loro viscerale passione nei confronti del death old school, quello U.S. style nello specifico, ma non solo. Negli anni, contrariamente alle prime impressioni di all-star-fun band composta da “amiconi” dai tempi lunghi, la loro prolificità (eccetto una pausa discografica di qualche anno più che plausibile visti gli impegni e il successo delle band madri: Opeth e Katatonia in primis) ha fatto capire a tutti di trovarci al cospetto di una vera e propria band capace di sfornare album di tutto rispetto e densi di pura passione. Invidiabile infatti la qualità che sono riusciti (e che riescono) ad infondere in ogni loro lavoro, e il nuovo The Fathomless Mastery non fa certo eccezione.
Con il già citato e ottimo Ep Unblessing The Purity (che vedeva il ritorno di Mikael Åkerfeldt ad occuparsi delle vocals in sostituzione del perennemente indaffarato Peter Tägtgren, e, nel contempo, l’abbandono di Mr. Dan Swanö), nei confronti del nuovo imminente full-length si poteva già respirare quel sano fetore di Death Metal composto,suonato e prodotto come solo i grandi sanno fare. Puro, dai toni molto scuri, orrorifico e, oggi più che in passato, compatto e brutale ma al tempo stesso denso di armonie “raffinate” e più squisitamente europee (Entombed docet) che donano al tutto un maggiore tocco dinamico e una ricercatezza organica invidiabile.
Parte At The Behest Of Their Death e se il buon giorno si vede dal mattino…be, vorrà dire che a fine giornata ne avremmo preso di calci: compattezza, dinamicità, classe e violenza immane. Con grande maestria i Nostri riescono a fondere bordate in blast-beat, rallentamenti soffocanti e “morbosi” e atmosfere sinistre, quelle tanto care al Death dei primi ’90, una song molto rappresentativa. Track by track si fa sempre più chiara la certezza di trovarci al cospetto di un album di una qualità annichilente, senza cali e tutto da scoprire. Monk The Cross è la song che probabilmente tutti vorrebbero aver scritto; prende qualcosa (il meglio) dai maestri Morbid Angel ma nel contempo conserva quel marcato groove tipico degli acts svedesi dei primi ‘90: cattiva e divertente. Tresonous sembra una jam session pericolosa e riuscitissima tra Vomitory /Behemoth e Obituary (e scusate se è poco). Con Iesous si tocca il sublime, erano anni che non sentivo tanta ispirazione. Questa song è semplicemente perfetta, da ascoltare fino alla nausea (che non arriverà mai). Brividi di puro piacere anche per Earthrot, dal finale tanto nostalgico quanto evocativo…roba di altri tempi dicevamo. Non mancano alcuni frangenti che ci riportano alle band madre dei musicisti interessati; accade in Wretched Human Mirror e in particolare in Hades Rising, con la sua coda dal gusto fortemente “katatonico”. Giunti al termine avrete voglia di riascoltare l’intero album in loop per assaporarne meglio la strabordante qualità. una vera droga.
Da applausi la prova di ogni singolo musicista e non poteva essere altrimenti…, in particolare al sempre più bravo Martin “Axe” Axenrot; drummer eccellente, dinamico e fantasioso e ad un Åkerfeldt dal growl semplicemente unico, capace di marchiare a fuoco ogni brano. Ottima anche la produzione; moderna ma mai “plasticosa”, e i suoni; caldi e “crunchy” al punto giusto.
E siamo arrivati all’unica (ma si tratta di un impressione personale) piccola nota dolente: la front cover. Seppur le loro copertine ricercano volutamente lo stesso feeling old school dei tempi che furono (cosa che apprezzo molto tra l’altro) no mi hanno mai allettato più di tanto, ancor meno quest’ultima, ma è veramente ben poca cosa rispetto alla goduria che proverete nell’ascolto di un album maiuscolo.
Ci troviamo di fronte ad una band sicuramente più consapevole delle proprie capacità, capace (oggi più di ieri) di scrivere materiale micidiale, personale e meno proiettato a rendere omaggio ai maestri del genere che tanto hanno dato alla scena. Acquisto obbligatorio per ogni deathster che si rispetti. Per chi li seguiva già The Fathomless Mastery non può mancare tra gli album gelosamente custoditi nella propria malsana collezione. Per chi dovesse approcciarli per la prima volta è senza dubbio alcuno più che consigliato; sono sicuro che non mancherà di sorprendervi.
Sandro ‘sand’ Galati
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Tracklist:
1.At the Behest of Their
2.Process of Disillumination
3.Slaughtering the Will to Live
4.Mock the Cross
5.Treasonous
6.Iesous
7.Drink From the Cup of Heresy
8.Devouring the Feeble
9.Earthrot
10.Hades Rising
11.Wretched Human Mirror