Recensione: The Festering Dwellers

E così, finalmente, gli Shrieking Demons tagliano il traguardo del primo disco in carriera. Un evento importante, poiché rappresenta tutto ciò che è stato dalla formazione del gruppo, in questo caso il 2021, sino a oggi.
Senza pressioni sulle spalle, si suppone, la band ha potuto sviluppare il proprio stile in piena libertà. Suonando ciò che piaceva e piace di più. Che è death metal puro. Da considerarsi, ormai, un sottogenere, preso atto della moltitudine di contaminazioni e frammentazioni del foggia artistica natìa.
Lo stile di cui più su si è detto è, guarda caso, incentrato al cento per cento sul sheer death metal. Niente progressioni, niente voli pindarici ma un sound possente e aggressivo, che a volte regala anche momenti di inaspettata pausa (“Garden of the Headless Dead“). Si percepisce con forza il richiamo verso il passato, grazie a echi di doom (“Sorrowful Dismal Bliss“) ed heavy metal. Ma si tratta solo e soltanto di leggerissimi aliti, che anzi evidenziano la purezza del metallo della morte e, anche ma forse soprattutto, la sua natura puramente underground.
E underground è il combo italiano, già capace di disegnare con tratto spesso il proprio sound. Massiccio, rapido, ricco di passaggi volti a scuotere un po’ il tutto. Il mood è cupo, che sa di caverna, di desolazione, di assenza di luce. Una delle caratteristiche, questa, che si è quasi del tutto persa nell’ambito del death metal. Non sono poi molti, difatti, coloro che, a parere di chi scrive coraggiosamente, imbracciano i propri strumenti per tornare indietro nel tempo sino alla seconda metà egli anni ottanta, quando il genere di cui trattasi stava sviluppando i suoi dettami stilistici.
La formazione emiliana certamente ci mette del suo, nell’elaborare il proprio marchio di fabbrica. Soprattutto durante gli svolazzi della chitarra solista, davvero piacevole da ascoltare in occasione dei numerosi assoli, come nel duetto con il basso in “Nefarious, Scorned Deities I Am Devoted to“.
Analizzando più a fondo i singoli componenti, si rileva che Gabri debba avere un retroterra culturale enorme, dato il risultato finale delle sue linee vocali, assolutamente perfette per il genere. Il furibondo growling muta continuamente, evitando con ciò la monotonia di un ringhio monocorde per dare un contributo reale e concreto ai pezzi.
Le chitarre riempiono più che sufficientemente l’etere con accordi rocciosi, a volte irresistibilmente trascinanti, come avviene nell’opener-track “Devour My Wicked Soul“. Dopo il classico intro dalle tinte horror, il brano regala un riff portante da scoperchiare i carri armati per un incedere da gustare appieno più e più volte. Ad alto volume, naturalmente. Il basso, come da scuola heavy metal, romba, segue e accompagna le asce da guerra, dando ulteriore spinta alla corazzata Shrieking Demons. Non mancano nemmeno i blast-beats, scatenati dalle mani e piedi di David che, in ogni caso, itera per bene i pattern dei colleghi di allora.
Le canzoni formano un insieme compatto, nel quale è quasi possibile entrare per via di una corazza di acciaio spessa dei centimetri. Detto ciò, ciascuna di esse ha una propria identità. Certo, manca del tutto la melodia ad ammorbidire la botta, ma se così fosse si andrebbe fuori dalle coordinate dello sheer death metal. Nel gruppo difficile sceglierne una per fare da ambasciatore dell’act bolognese. Presumibilmente la ridetta opener-track, segno che le tracce più veloci sono quelle maggiormente apprezzabili.
Le quali dimostrano inequivocabilmente che gli Shrieking Demons se ne fregano delle mode e degli atteggiamenti che non riconducano al loro credo: il death metal suonato nella sua più possibile purezza.
Encomiabili.
Daniele “dani66” D’Adamo