Recensione: The fifth thought
Gli Anemnesi, gruppo di cui ignoro sia la provenienza che il passato musicale, sono composti da Genny Minoliti (voce), Andrea Fabris (chitarra), Federico Cegalin (basso), Francesco Tresca (batteria, chitarra e tastiera) e Gianmaria Gennari (chitarra). Il genere composto dal combo è difficile da inquadrare dal momento che passa con facilità dal gothic metal al progressive più tecnico con puntate nel metal classico senza mai fermarsi su nessuno di questi generi.
Il lavoro in questione, intitolato “The fifth thought” e di difficile interpretazione ed ancora più duro da digerire; la causa di tutto questo sono gli eccessivamente frequenti cambi di tempo spesso fuori luogo che rendono noiosissimi brani come “An envision of life” e “Trascendental” che altrimenti sarebbero più che interessanti data la capacità del gruppo dal punto di vista strumentale. Lo stesso di certo non si può dire della voce di Genny che molto spesso sembra essere fuori tempo per poi cadere in stonature a dir poco imbarazzanti. La caratteristica peculiare della voce femminile pulita in ambito sia gothic che progressive che aor è la sua melodiosità e armonia, ma in questo caso non c’è proprio traccia di nessuna delle due caratteristiche. Unico lato piacevole di questi due brani sono le parti di chitarra acustica che si distaccano momentaneamente dal “trambusto” creato nel resto delle canzoni dando un minimo di melodia a qualcosa di quasi inascoltabile.
Il discorso varia leggermente per quanto riguarda brani come “Paper swallows” o “Fifth thoughts” in cui l’inserimento di riff più potenti e orecchiabili rende più interessanti le canzoni che sembrano quasi acquistare nuova vitalità e l’inserimento di ritmi di batteria più “canonici” trasformano due canzoni assurde in brani ascoltabili senza problemi anche se qua e là la voglia di strafare supera quella di divertire e di rendere l’ascoltatore capace di capire veramente ciò che il gruppo vuole esprimere.
Parte bene “Echo of memories” conferendo potenza musicale ad una voce sciatta per poi ricadere nel baratro dell’eccessiva complessità e noiosità eccezion fatta per le parti lente a due voci in cui Genny risulta essere intonata e a suo agio con la parte strumentale del brano; il miracolo però dura ben poco. Si ricade infatti nei difetti precedentemente elencati che abbassano il valore di un buon brano.
In conclusione questo “The fifth thought” non si può dire che sia un demo scadente ma semplicemente troppo complesso che rasenta l’inascoltabilità; i cambi di tempo ogni due secondi ed una voce che sembra rincorrere gli strumenti donano opacità e una noia insostenibile a tutto il lavoro e si prega che almeno duri poco. D’accordo, gli elementi del gruppo, presi singolarmente, sono sicuramente degli ottimi musicisti, ma messi assieme ottengono dei suoni che spesso risultano addirittura fastidiosi. Capisco la loro passione per il progressive e per la tecnica esasperata, ma anche l’orecchio vuole la sua parte; gruppi come Dream Theatre, Mekong Delta o At The Gates, solo per citare i chiari punti d’ispirazione del gruppo, nei loro lavori hanno sì una complessità compositiva notevole, ma al tempo stesso rendono i loro brani orecchiabili e capibili. Questo è il maggior difetto degli Anamnesi, l’impossibilità di ricordare anche solo una nota di tutto il lavoro; forse sono io che non capisco, comunque: demo bocciato in toto.
Contatti:
francescotresca@libero.it
atthegates@tiscali.it
TRACKLIST:
1. First thought: Introspective
2. Second thought : An envision of life
3. Third thought : Trascendental
4. Fourth thought : Paper swallows
5. Fifth thought
6. Sixth thought : Echo of memories