Recensione: The Final Divide
Ho preso in mano il nuovo lavoro dei teutonici Dissorted, ossia il loro primo album ‘The Final Divide’, rilasciato via Black Sunset dal 25 ottobre 2019, con molta diffidenza e un po’ di pregiudizio. Sì, mi ha messo sul ‘chi va là …’ il termine con cui essi descrivono la loro musica: ‘Melodic Thrash Metal’.
Già sono poco avvezzo ad affiancare ai vari generi derivanti dall’Heavy Metal degli aggettivi quali, appunto, Melodic, Symphonic, Experimental, Atmosferic, Funeral, Depressive ecc., che, a mio parere personale, sono utilizzati più ai fini commerciali che non artistici, ma va bene … funziona così. Mettere però ‘Melodic’ davanti a ‘Thrash’ è quanto mai inappropriato ed anche inutile.
Cerco di spiegarmi: si sa che le principali scuole che hanno diffuso il Thrash Metal sono state quella tedesca e quella statunitense. Mentre la prima era più propensa a scagliarti in faccia delle lavatrici a pieno carico senza starci troppo a pensare, la seconda tendeva a scrivere brani sì feroci, ma comunque dotati di linee melodiche ben definite, articolate e tenute in ben evidenza.
Per cui la melodia è un elemento che ha sempre fatto parte del Thrash ed è per questo che ritengo inutile rimarcarlo inserendolo come aggettivo.
Invece il ‘problema’ è un altro: al di là che sia più grezzo o più melodico, che le tematiche riguardino problemi sociali, goliardici o esoterici, è il forsennato e frenetico ‘battere e percuotere’ ad essere il cuore del Thrash Metal.
Questa caratteristica è la base che lo fa amare ma è anche quella che lo limita: in quasi quarant’anni la sua evoluzione sonora è stata minima rispetto al percorso di altri generi, più duttili e aperti a sperimentazioni che si sono dimostrate positive. Negli anni ’90 addirittura la maggior parte dei tentativi sono stati controproducenti, tanto che hanno dovuto cambiarne il nome (Groove o Post-Thrash che sia). Hanno provato a rallentarlo, appesantirlo, contaminarlo con altri stili sempre legati al Metal, tipo il Black od il Death oppure con altre culture musicali come il rap (quello vero, quello incazzato come pochi), il funky o la fusion. Niente da fare: qualcosa è piaciuto ma alla fine è prevalso il sound Old School e non sono in molti gli artisti che sono riusciti ad aggiungervi qualcosa di personale tanto da far dire: ‘Tò … una valida novità’.
Tra questi ci sono gli Hazzerd, i Blacklist 9 ed i Tymo, ad esempio, ma, una volta sentito il disco, posso dire che anche i Dissorted, con ‘The Final Divide’, ci provano ed un pò ci riescono.
L’album è crudo e violento; è allacciato alla Old School, con echi di Exodus e Death Angel, ma non lascia strascichi nostalgici. Il tutto suona moderno per mezzo della forte personalità del combo: semplice, essenziale e squisitamente Thrashy.
Un’individualità propria che si evidenzia soprattutto nell’uso di più voci luciferine che accompagnano quella ruvida e caustica di Mirco. Il risultato è inquietante quanto valido, dando l’idea di stare al centro di una caverna infernale.
Il resto della formula è racchiuso nelle ritmiche serrate, toni grevi, molteplici cambi di tempo, cori, passaggi continui tra rabbia e disperazione ed assoli da brivido chiusi in un sound dal tiro alto e feroce.
I momenti di pausa sono minimi, quando il combo si cimenta con il suo lato oscuro esprimendo sensazioni cupe e malvagie.
Parlando dei brani più significativi, ‘Aggressor – Protector’, che da il fuoco alle polveri, parte con riff spasmodici ed un gran lavoro di batteria. Poi delle strofe determinate introducono la traccia vera e propria, formata da strofe veloci e refrain pestati. L’interludio e l’assolo che seguono sono travolgenti ed il successivo tempo medio crea un’atmosfera densa di elettricità.
Passando per l’articolata ‘Deserter (Age of the Wolf)’ si giunge a ‘Persecutor’, un brano che spappola il cervello con i suoi cambi di tempo ed i martellanti cori continui.
‘The Plague’ esce dalle tenebre con un arpeggio cupo per partire a grande velocità. La forza dell’Heavy Metal è possente in lei ed il senso tragico del cantato la rende ancora più rocciosa.
‘Leviathan’ è rabbiosa, con stacchi ansiogeni molto incisivi e ‘The Temple’ è una finta: parte lentamente con un arpeggio acustico per poi esplodere in un feroce Thrash. Nel pezzo centrale, di nuovo lento, Mirco da un’ottima prova vocale in chiaro, lasciando intravedere le sue potenzialità.
‘Picasso Warhead’ si distacca un po’ dagli altri brani, mettendo in luce molto Hardcore: è collera allo stato puro.
L’album si chiude con ‘Black Sea’, un altro pezzo che lascia il segno.
Insomma, non so perché ricorrere al termine ‘Melodic’ quando quello che esce da ‘The Final Divide’ è un Thrash genuino, di quelli che spaccano le ossa, con sufficiente personalità per emergere con prepotenza senza dover ricorrere a ‘nomignoli’ per rendersi più riconoscibili. I Dissorted non ne hanno bisogno: è il loro sound ad identificarli, com’è giusto che sia. Giudizio veramente positivo.