Recensione: The Final Scar – Discography 1987/1988
La storia dell’Acciaio fatto musica racconta di tonnellate di band che dopo qualche promettente demo sono state consegnate all’oblio per i motivi più svariati. La label piemontese F.O.A.D. Records, fra le altre peculiarità, negli anni ha dimostrato di saper sapientemente lavorare affinché talune perle, conosciute e possedute da pochi appassionati, possano divenire patrimonio di tutti. E’ altresì vero che talvolta l’operazione di riscoperta archeologica porti alla luce situazioni non propriamente definibili come sopra. Al posto di perle si trovano reperti di altra natura, meno nobile, ma fa parte del gioco e comunque esula dalla tematica trattata all’interno della recensione.
Dei danesi Mental Decay, successivamente all’acclamato Demo 1987, catalogato fra i migliori dieci estremi degli anni ’80, in una lista che ricomprendeva anche Possessed, Morbid Angel e Mercyful Fate, fra gli altri, si persero le tracce. I vari componenti, al di fuori del cantante, che abbandonò definitivamente il mondo della musica, si fiondarono in successivi progetti (Missing Link, The Petulant, Conspirazy) e inevitabilmente le cronache finirono di occuparsi della band “madre”. Un vero peccato per gli ultras di quelle sonorità abrasive, basti sapere che un Signore del rumore quale Fenriz dei Darkthrone li ha costantemente incensati, definendo il loro demo fondamentale per l’evoluzione dell’intera scena.
F.O.A.D. Records, con The Final Scar discography 1987/1988 LP+CD, raggruppa tutto quanto realizzato dal combo di Hvidovre in un solo prodotto che racchiude, rispettivamente: un LP con il Demo 1987 di cinque pezzi sul lato 1 mentre il lato 2 è ad appannaggio di altrettanti brani catturati durante delle sessioni di prove avvenute nel 1987 e nel 1988, poi un bonus CD contenente quindici canzoni fra estratti da vari live e sala prove, per un totale generale di quasi due ore di massacro sonoro. Il tutto accompagnato da un libro di sedici pagine 21 cm x 30 cm con foto, interviste, poster di concerti, grafiche di demo, flyier, articoli tratti da riviste e da fanzine riguardanti i cinque Metal Decay: Lars Ottesen (basso), Steff Corbard (batteria), Allan Andersen (chitarra), Henrik Pedersen (chitarra) e Kim Kold (voce).
Musicalmente siamo nei territori appartenenti ai primi Kreator, la proposta dei danesi è diretta, rozzissima (basta un titolo come “Eat The Posers Gut“?) e all’interno delle due ore di ascolto presenti fanno eco anche rimandi vari a Destruction, Sodom, ma anche Mayhem, Exumer e Slayer. Una miscela di Thrash imbastardita di Death/Black che, prevalentemente nel lato 1 dell’Lp non lascia prigionieri, non deludendo le attese riposte nel pluridecorato Demo 1987, dotato anche di un buon suono. Netto cambio di rotta per quanto afferente la raccolta dei vari brani dalle sessioni di prova e dai concerti dal vivo, infarciti dai grugniti, ma anche dai ruggiti di un cantante invasato come Kim Kold. Un insieme di suoni cacofonici tipici da sala prove anni ’80 di un gruppo estremo, sublimi per alcuni e inascoltabili per altri. Difficile restare neutrali.
Stefano “Steven Rich” Ricetti