Recensione: The Funeral March
Come è vero che i Napalm Death e i Carcass sono stati i padrini di grindcore e
goregrind, si può dire che i Nasum sono stati il gruppo che è stato capace, direi
più di altri, a reinventare un genere che da molto tempo si era appisolato sulle sue
ormai consolidate basi. La scena svedese (e non solo) è stata letteralmente scossa
dalle varie sfaccettature e dai progressi che il gruppo di Mieszko e soci sono stati
capaci di fare, e molti gruppi si sono avviati sulla stessa strada permettendosi
dischi di spessore e intensità, e tra questi non si possono non citare i Gadget.
Il gruppo svedese, già conosciuto dalle masse grazie al sorprendente esordio
Remote,
è forse quello che più si avvicina agli ultimi, visionari Shift ed Helvete dei
succitati Nasum, ed il nuovo The Funeral March non fa che confermare questa direzione.Il disco, infatti, mette subito in chiaro dalle prime battute che non si perderà
nella furia cieca e nel caos incontrollato, ma bensì donerà all’ascoltatore momenti
di melodie futuribili, distorte e sterili, confuse nella velocità e nei riff di
chitarra. La mente dei Gadget William Blackmon, infatti, sembra avere molto care le
atmosfere oppressive da mondo sintetico e omologato già molto presenti in Remote e
qui accentuate non di poco, accompagnate come nel predecessore da testi di disagio sociale e di denuncia.
Non fatevi spaventare dalla parola melodia, comunque; strumentalmente, The Funeral
March suona come una versione più complessa, intricata e matura di Remote: grindcore
con un connubio ben congegnato di cambi di tempo, momenti per lo più di velocità
supersonica ed altri di una lentezza disarmante ai limiti del doom, chitarre che
macinano riff hardcore, riff death metal, riff thrash, e che poi passano a linee
melodiche di tutto rispetto senza mai dare l’impressione di essere scollegate tra
loro o mal amalgamate all’insieme. La voce è sempre il solito, immancabile miscuglio di growl e scream che alcune volte risulta un po’ troppo forzato, facendo perdere
qualche punto alle tracce. Il risultato è ottimo, vario, brutale ed allo stesso tempo d’atmosfera, lasciandosi scoprire piano piano solo con ripetuti e attenti ascolti senza annoiare, ma peccando quindi di immediatezza, pur non tralasciando per niente l’impatto.
La mancata semplicità e qualche pecca di tanto in tanto non riescono, comunque, a scalfire quest’altro centro che la formazione svedese mette a segno, facendo ben sperare per le future uscite e, magari, per far sentire di nuovo quell’aria di cambiamento che fecero respirare i compianti Nasum. Nel mentre, gustiamoci questo nuovo The Funeral March e prendiamoci la mezzora di violenza sonora che ci regala.
Tracklist:
01. Choked
02. Feed on lies
03. Requiem
04. I am
05. Tristessens fort
06. H5N1
07. Everyday ritual
08. Day of the vulture
09. God of led
10. Vägen till graven
11. Illusions of peace
12. Black light
13. Out of pace
14. Let the mayhem begin
15. Bedragen
16. The Anchor
17. Tingens förbannelse