Recensione: The Gate of Nothing

Di Alessandro Calvi - 16 Marzo 2005 - 0:00
The Gate of Nothing
Band: Betoken
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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68

Dopo il primo album autoprodotto intitolato “Chrysalis” del 2001, i Betoken giungono alla realizzazione del loro secondo album, questa volta però dopo aver finalmente sottoscritto un contratto con la Steelheart Records. Nel frattempo un po’ di cose son cambiate in particolare nella line-up della band. In cerca di una voce femminile per sperimentare nuove soluzioni, la band trova Eva Rondinelli, già nei Dakrua, a cui si aggiunge poi anche Marco Sivo, che aveva già dato ottima prova di se su “Reviviscence” dei Time Machine, come voce maschile.

I Betoken affermano di voler sviluppare un personale e originale mix tra power e prog in cui parti melodiche e passaggi estremamente tecnici si alternino tra loro. Proposito in parte rispettato, in realtà a un primo ascolto non si esiterebbe a etichettare “The Gate of Nothing” come l’ennesimo album di power sinfonico “copia & incolla” di marca italiana, clone malriuscito e poco ispirato dei Rhapsody. Per fortuna se si dedica all’album un ascolto leggermente più attento e si supera l’effetto prodotto dalle prime canzoni, si scoprono diverse altre cose decisamente più interessanti.
L’album infatti parte con una intro fin troppo classica per il genere e prosegue con “9 Times 99”, una tipica canzone catchy, carina e coinvolgente, ma veramente uguale a mille altre tanto che se fossi una persona un po’ meno seria avrei tirato fuori subito il cd e avrei scritto una recensione di circostanza senza ascoltare il resto dell’album. E avrei fatto decisamente male perchè per fortuna le sorti del disco si risollevano con il proseguo delle tracce e finalmente dalla quinta “The Secret of Shenzen”, dotata di un bello e originale ritornello a mio avviso, si riesce finalmente ad ascoltare la vera proposta musicale dei Betoken, che tra l’altro non è niente male.
Da questo punto in poi infatti i brani diventano anche decisamente più vari risentendo di molte influenze dal power sinfonico al prog, passando anche per l’hard rock e riff di chitarra di scuola maideniana. Certo, ci troviamo di fronte a un album per certi versi forse ancora un po’ acerbo, giudizio condizionato da come tutti questi passaggi a volte presenti anche all’interno dello stesso brano, non siano ancora del tutto perfettamente amalgamati tra loro. Si tratta però di un cd sicuramente con molte frecce al suo arco come dimostrano canzoni come “Good-Bye My Dream”, “Blind-Folded Glory”, “The Entity”, che considero pur nella sua brevità una delle canzoni migliori del lotto, o “Your Last Lies”.
A chiudere l’album poi troviamo una bonus track davvero d’eccezione e che si rivelerà una delle migliori sorprese di questo album, cioè la cover di “In My Darkest Hour” dei Megadeth, una canzone per me magnifica già di suo e qui resa davvero in maniera splendida. La canzone non perde nulla dell’originale, ma al contempo si sente molto l’influenza della band che la esegue in maniera molto personale, ora accelerando rispetto all’originale, ora rallentando, con inserti di tastiere e il duetto tra la voce maschile di Marco, che riesce in una imitazione quasi perfetta di Mustaine, e quella femminile di Eva che da maggiore spessore al tutto.

Dal punto di vista delle critiche personalmente non ho apprezzato molto la disposizione dei brani in scaletta, con quelle prime canzoni si instrada l’ascoltatore verso una idea sbagliata del gruppo a mio avviso e molti potrebbero decidere di levare il cd dal lettore prima di arrivare alle canzoni più interessanti e migliori dell’album. Inoltre i passaggi più prog e di sapore anche più heavy andrebbero sfruttati di più e moltiplicati nelle composizioni perchè sono proprio quel qualcosa che riesce a ravvivare le canzoni e a rendere maggiormente interessante la proposta musicale dei Betoken invece di appiattirla e renderli l’ennesimo gruppettino power senza arte ne parte.

Per concludere si tratta di un album che necessita di essere ascoltato un po’ di volte prima di svelare all’ascoltatore le effettive qualità del gruppo e la sua variegata personalità. Passaggi dal prog all’heavy classico si ritrovano quasi in ogni brano di questo album, purtroppo spesso e volentieri sono però nascosti da un sound che ricalca un po’ troppo il power sinfonico “copia & incolla” che ormai abbonda in Italia.

Tracklist:
01 Revelations in a Dream (Intro)
02 9 Times 99
03 The Devil in Him
04 The Gate of Nothing
05 The Secret of Shenzen
06 Good-Bye My Dream
07 Demon’s Spawn
08 Blind-Folded Glory
09 The Entity
10 Your Last Lies
11 Intimate Games
12 Subnuclear
13 In My Darkest Hour (Megadeth Cover)

Alex “Engash-Krul” Calvi

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