Recensione: The Gates Of Oblivion
Mi trovo sinceramente in difficoltà nel recensire questo terzo full lenght dei Dark Moor. Il motivo è presto spiegato. Come molti sapranno il combo spagnolo è dedito ad un power metal sinfonico frutto dell’incrocio tra le imponenti orchestrazioni alla Rhapsody e composizioni speed-melodiche in pieno Helloween style. A parte la peculiarità di annoverare in formazione una cantante donna, la cui timbrica femminile è peraltro poco sfruttata a vantaggio di tonalità acutissime alla Kiske, troverete ben poco di originale nella musica dei Dark Moor. D’altro canto, superato l’iniziale scetticismo per la forte sensazione di già sentito, ci si rende conto di quanto questi ragazzi siano talentuosi e riescano a riproporre le solite canzoni power tanto in voga con una classe, un gusto e una maturità fuori dal comune. Enrik Garcia e Albert Maroto, i due chitarristi, deliziano le orecchie con incredibili intrecci armonici e funamboliche fughe neoclassiche; la sezione ritmica è forse un po’ priva di fantasia, come il genere del resto sembra imporre, ma in ogni caso dinamica e precisa, mentre la cantante Elisa C. Martin è assolutamente a suo agio e non fa certo rimpiangere i colleghi maschietti (anche perché è effettivamente difficile notare la differenza tra una donna e uno dei “castrati” di turno!).
Un discorso a parte lo merita il tastierista Robert P. De Camus il quale riesce a conferire alla musica della band quel quid che la eleva una spanna al di sopra della concorrenza e se di fantasia si può parlare ascoltando i Dark Moor, lo si deve esclusivamente al suo ricchissimo lavoro ai tasti d’avorio. Le sue orchestrazioni, inoltre, donano un’incredibile maestosità alle composizioni, superando l’arduo compito di non risultare oppressive o, peggio ancora, pacchiane.
La complicata recensione volge al termine e, per quanto mi riguarda, ho le idee molto più chiare, anche perché folgorato da un concetto che ho sempre sostenuto, ma che a volte io stesso sembro dimenticare: la musica deve prima di tutto essere in grado di trasmettere emozioni e questo “The Gates Of Oblivion”, almeno nei miei confronti, ha centrato spesso l’obiettivo.