Recensione: The Ghost Xperiment – Awakening
Dopo quattro anni dal secondo capitolo delle Cronache degli immortali, torna la band tedesca con il suo nono studio album in carriera, proponendo un ulteriore concept album. The Ghost Xperiment nasce dall’interessamento della band circa un esperimento afferente al paranormale: Andy Kuntz inventa il protagonista Gideon Grace in lotta con una fantomatica House of Rain mentre percorre le regioni di una Francia che fu. Gideon è un’anima tormentata dopo la morte dell’amata Ivy e dovrà vedersela con i propri demoni più oscuri. Per farlo legge libri di metafisica e s’interessa di esperimenti di parapsicologia, ma quando dovrà vedersela con i propri nemici vedrà schiudersi i cancelli dell’inferno… Trama decisamente teatrale, dunque, come ci hanno abituati i VP, che questa volta propongono una scaletta corta composta da sei brani, due dei quali raggiungono i dieci minuti circa. Il sound è quello che la band propone ormai da vent’anni, non dobbiamo aspettarci innovazioni: ciò che va apprezzato in un disco dei VP, semmai, è la coerenza con la propria identità sonora, la loro storia musicale e il sempre perfetto affiatamento dei componenti.
L’opener “Cold December Night” è un pezzo con un buon groove e convince dal primo ascolto. I Vanden Plas non sbagliano una nota, infilano una strofa magnetica dietro l’altra e il refrain è ipermelodico come ci hanno abituato da più di un ventennio. Il loro prog power metal è inappuntabile, nessuna sbavatura, non manca la giusta dose di doppia cassa e la voce di Kuntz è meravigliosa come ai tempi del progetto Abydos. Segue la traccia più corta in tracklist. “The Phantoms of Prends-Toi-Garde”, un altro centro, con ritmiche potenti e l’apporto sostanziale di Günter Werno ai sintetizzatori (ma anche un tappeto di pianoforte non può mancare). Fin qui The Ghost Xperiment si dimostra un ottimo album, la band tedesca sembra inossidabile e decisamente ispirata. Ci aspettano, ora, tre brani dal minutaggio impegnativo, che da sole occupano quasi trenta minuti del breve disco. Vediamo se questo trittico funziona o meno.
“Three Ghosts” è senza dubbio una composizione ambiziosa, dallo sviluppo solenne e un break centrale da manuale; potrebbe tranquillamente essere il brano meglio rappresentativo del platter. Incipit atipico per “Devils’ Poetry”, con un synth a introdurre l’ennesima cavalcata metal, che sembra non esplodere nella prima metà del brano, salvo presentare un cambio di ritmo accattivante alla fine del quinto minuto e una successiva sezione con arrangiamenti orchestrali che definire sopraffina sarebbe riduttivo. Uno dei momenti più alti dell’album, che prosegue senza indugi con l’ultimo tassello della triade. I primi secondi di “Fall from the Skies” sono davvero toccanti e strappano un momento di disarmante vulnerabilità nell’ascoltatore, che può ritemprarsi, comunque, nel prosieguo heavy e potente che contraddistingue il pezzo. Tra settimo e ottavo minuto compare una sezione strumentale d’applausi, non perdetevela. Il full-length si chiude con la title-track, una hit dal discreto potenziale ma che non trae giovamento dal collocamento in ultima posizione.
I Vanden Plas non deludono (e ad oggi sono pressoché un unicum), The Ghost Xperiment non ha punti deboli, merito anche del sound engineer Markus Teske che ha puntato su una produzione di livello per valorizzare la proposta musicale della band di Werno & Co. Detto questo, l’unico rammarico è la durata limitata del platter, ma a ben vedere è meglio così, in attesa del secondo capitolo del concept. Per ora chapeau a questo gruppo storico che nel 2019 non sa ancora cosa significhi perdere il proprio smalto e regala altre pezzi memorabili ai propri fan.
Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)