Recensione: The Ghost Xperiment – Illumination

Di Luca Montini - 21 Dicembre 2020 - 0:00
The Ghost Xperiment – Illumination
Band: Vanden Plas
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2020
Nazione:
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75

Eravamo rimasti appesi ad un cliffhanger al termine di “The Ghost Xperiment – Awakening” (2019). Durante una seduta spiritica, Gideon Grace, il protagonista, dopo la morte della sua amata Ivy incontra finalmente i fantasmi che lo perseguitano sin dalla sua infanzia. Come già accaduto con i due episodi di “Chronicles of the Immortal” (2014 e 2015), “The Ghost Xperiment – Illumination” conclude in maniera teatrale e drammatica il concept, costituito da due parti. La trama del disco, come dichiarato dal cantante Andy Kuntz, è ispirata dal celebre “Esperimento di Philip”: una prova di parapsicologia condotta veramente a Toronto nel 1972 per comunicare con gli spiriti attraverso la creazione di un personaggio fittizio. In perfetta continuità col suo predecessore e col resto della discografia della band, il lavoro ci propone un progressive metal votato alla melodia, con forti echi dai Dream Theater, ma anche una buona personalità della band tedesca con rapide incursioni nell’heavy e nel power sinfonico.

The Ghost Xperiment – Illumination” consta di sette brani di buona complessità e dall’elevato minutaggio, con una durata media di sette/otto minuti a pezzo, risultando non facilmente assimilabile ai primi ascolti ma capace di sfoggiare la mutevole complessità della sua trama musicale per gli ascoltatori più profondi ed esigenti. Le atmosfere evocate dal rito spiritico dei Vanden Plas sono cupe e malinconiche, rappresentando l’estrema inquietudine del protagonista in questo suo viaggio in perenne tensione tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Il lavoro parte bene con un brano incalzante come “When the World is Falling Down”, forte di un bel ritornello e una sezione ritmica che non lascia tregua. Leggero calo per “Under the Horizon”, poi la band si riprende con una power-ballad strepitosa: “Black Waltz Death”, tra le più convincenti del lotto, che utilizza elementi orchestrali del tastierista Günter Werno su un onirico arpeggio di chitarra ed esplode a metà brano con un solo al fulmicotone di Stephan Lill.
Di ritorno verso lidi più tetri e malinconici “The Lonely Psychogon”, un lamento che apre la strada “Fatal Arcadia”, col suo riff massiccio e pesante su tastiere futuristiche. Bella anche la lunga suite “The Ouroboros” (nome della raffigurazione dell’infinito tramite un serpente che si morde la coda, assunta dalla psicologia analitica come simbolo archetipico) che mostra tutte le carte della band, con un lento crescendo dalla voce e pianoforte dei primi tre minuti alla parte più heavy, con riffoni taglienti e solos di chitarra dall’elevato coefficiente tecnico a dialogare con la tastiera.
Ancora la malinconia a farla da padrona nel brano di chiusura “Ghost Eingeneers” a valorizzare la performance emozionale molto forte da parte del cantante Andy Kuntz e l’ottimo lavoro agli arrangiamenti di Werno.

Ci troviamo di fronte ad un disco che convincerà i fan storici della band, che dal lontano 1986 è sempre rimasta fedele ai propri stilemi senza neppure mai cambiare lineup. Un lavoro forse un po’ di mestiere ma con tanta qualità e classe, per chi cerca atmosfere cupe e malinconiche. Pur senza apportare modifiche significative proprio sound ipertecnico e strutturato, “The Ghost Xperiment – Illumination” dei teutonici Vanden Plas conclude degnamente il concept iniziato lo scorso anno dalla band, tra parapsicologia, negromanzia e teatralità.

Luca “Montsteen” Montini

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