Recensione: The God-Shaped Void
A volte i sogni si avverano, e in periodi pregni di reunion più o meno dubbie al servizio del vil denaro, ogni tanto una di un inestimabile livello artistico arriva. Gli Psychotic Waltz sono una delle migliori band progressive metal al mondo, punto e a capo. Lo erano prima, lo erano durante e lo sono ancora ora come vedremo; The God-Shaped Void è ufficialmente il quinto album della band statunitense e arriva ben ventiquattro anni dopo il precedente Bleeding, che sancì anche lo scioglimento dei nostri fino al 2011. Tutto, come sempre, nasce con qualche concerto, poi da cosa nasce cosa ed eccoci infine qui a parlare di quello che è un autentico miracolo. Il nuovo album dei Waltz ha richiesto una gestazione di più o meno sette anni, e il fatto che Devon Graves abitasse in Austria non ne ha di certo velocizzato il processo. La line up, senza neanche bisogno di dirlo, è la stessa di A Social Grace, Into The Everflow e Mosquito: Devon Graves, Dan Rock, Brian McAlpin, Ward Evans, Norman Leggio e vengono quasi i brividi anche solo a scriverla.
Nonostante abbiano pubblicato almeno un album epocale, gli Psychotic Waltz sono sempre stati parecchio sfortunati e non hanno mai fatto un salto di qualità verso i grandi palchi come avrebbero ampiamente meritato. Probabilmente non lo faranno nemmeno ora; rimangono in quel sottoinsieme di gente talmente brava che finisce per essere incompresa dalle masse e tutto ciò è un peccato. In un panorama prog piuttosto stagnante, The God-Shaped Void arriva e sbaraglia ogni tipo di concorrenza, risultando fin dai primi ascolti un’opera necessaria e in grado di oltrepassare ogni aspettativa.
Il magnifico artwork è ad opera di Travis Smith, il cui primo lavoro fu proprio Bleeding dei Waltz, e anche in questo senso, dopo ventiquattro anni il cerchio si chiude.
The God-Shaped Void è un’opera composta da dieci brani (uno in più nell’edizione deluxe) per una cinquantina di minuti di durata; è un disco che va preso e assimilato in blocco. Non ci sono momenti morti, non ci sono filler e non ci sono brani che non si possano considerare meno ispirati degli altri o di minor livello. Per chi non li conoscesse, gli Psychotic Waltz non hanno mai suonato veloce e non hanno mai anteposto la tecnica nelle loro composizioni; se per voi il progressive metal è virtuosismo lasciate perdere. La musica di Devon e soci ha sempre vissuto in una dimensione onirica e immaginaria, dove le dissonanze sono sempre state protagoniste e le somiglianze si possono cogliere nei Fates Warning, nei Watchtower e via dicendo. Quel sound immortale concepito in A Social Grace qui rimane anche se con le dovute variazioni; i Waltz sono stati molto intelligenti nello svecchiare il loro sound e nel portarlo nel 2020 in maniera più che credibile.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, cioè a una produzione pop, il disco presenta invece dei suoni al limite della perfezione soprattutto per quanto riguarda le chitarre, vere protagoniste e mai lasciate indietro come spesso in ambito prog accade. La sezione ritmica è definita benissimo e ogni singolo colpo ha il suo giusto spazio, la tastiera non è mai invadente mentre la voce di Devon non ha perso lo smalto, anzi, offre una prestazione memorabile sotto tutti i punti di vista. Non usa più tonalità acute come negli anni novanta ma più basse e più potenti, probabilmente anche le chitarre sono state ribassate e il risultato ha pagato.
Strutturalmente i brani sono molto semplici e parecchio legati alla forma canzone classica; quello che stupisce è il come l’opera entri nell’anima dell’ascoltatore dopo pochissimi passaggi. Due o tre volte e già ci si trova a cantare con Devon trame e ritornelli di fatto uno più bello dell’altro. The God-Shaped Void rimette la chiesa al centro del villaggio: parte dal fondo, dalle cose più basilari per farle a regola d’arte e arrangiarle da fuoriclasse assoluto. Ogni assolo ha un perché, ogni armonizzazione fa saltare dalla sedia, ogni volta emergono dettagli che prima erano sfuggiti e ci si perde più che volentieri nell’immaginario dei Waltz e in quello che sarà uno dei migliori dischi di questo 2020.
C’è tutto in The God-Shaped Void: brani potenti, ballad, passaggi acustici e c’è anche il flauto di Devon, che da sempre è la ciliegina sulla torta. Impossibile rimanere indifferenti e impossibile non emozionarsi davanti a brani come Sisters Of The Dawn, Back To Black o Stranded, ma si può davvero pescare a caso senza rimanere mai delusi. Ci ha visto bene l’Inside Out e a noi non rimane altro che goderne, goderne e goderne ancora. Nell’ultimo periodo il concetto di progressione si era un po’ perso e il progressive metal stava un po’ smarrendo la strada maestra; quest’opera è la dimostrazione che si può ancora concepire il genere a un livello altissimo e senza per forza strafare con tutti gli strumenti a disposizione. Certo, la differenza tra il musicante e il musicista forse è proprio questa: il primo ha bisogno di orpelli per mascherare la mancanza di idee, il secondo invece crea con la massima naturalezza. Questi sono gli Psychotic Waltz.
Ci siete mancati.