Recensione: The Golden Cage
Un processo di miglioramento costante per i Saints Trade, evoluzione che definisce le caratteristiche di un gruppo con buone qualità ancora da esprimere appieno.
Con il precedente “Time to be Heroes” avevamo ascoltato un cd gradevole e tecnicamente ineccepibile in cui tuttavia il songwriting si rifugiava in una serie di strade “sicure” e senza rischi. Idee già molto battute e sin troppo consolidate. Soluzioni che se da un lato garantivano facilità di fruizione, dall’altro rendevano il disco un po’ troppo semplice, lineare e non qualificato per emergere dalla massa.
Fa piacere notare come in “The Golden Cage“, nuovo album che arriva a distanza di tre anni – figlio diretto di lockdown e pandemia – i Saints Trade abbiano continuato con serietà sulla strada del tradizionale melodic rock, cercando tuttavia di affinare i valori in proprio possesso con maggiore convinzione. Non siamo ancora a livelli maiuscoli, la dimensione permane quella dell’underground di settore. Ma i progressi sono evidenti e ben focalizzati.
Lo stile di composizione è meno scontato, si cerca di ottenere qualcosa di più. Magari inserendo qualche coro più “stratificato” (come nell’ottima “Break The Chain“) o tentando la strada dell’hard rock di radice nordeuropea (“That’s What I Know“, “Mirror of Myself“), sbarazzino e irriverente.
L’impressione è sempre quella di una band che “macina”, si diverte e tenta di lasciar scorrere la musica in modo genuino, senza eccedere in pensieri e arabeschi. Evidente però, come l’esperienza contribuisca ad affinare poco alla volta il carattere, esponendo meno ad ingenuità e consentendo un livello più profondo nella scrittura dei brani. Se così si può dire in un genere di base istintivo, schietto e naturale come l’hard / melodic rock.
Ottima anche la registrazione dei suoni: ne deriva un album nuovamente piacevole in cui però riconoscere uno sviluppo dei valori ed una costante opera di raffinamento della proposta. Un prospetto tale da definire “The Golden Cage” come un passo in avanti piuttosto netto rispetto a quanto realizzato sin qui.
Non ancora determinante. Non sufficiente – nemmeno stavolta – per una sicura promozione nella serie A del genere. Ma buono per dire che, con tutta probabilità, il prossimo giro sarà quello che ci dirà una volta per tutte, quale può essere la reale dimensione dei Saints Trade.
Un discreto gruppo di melodic rock, solido, inappuntabile e capace di fare buona musica, ma destinato a rimanere nelle cronache del sottobosco come una delle tante realtà underground. Di quelle che tra qualche anno saranno nel novero delle cult band.
O magari, qualcosa di più…