Recensione: The Golden Pentacle
La musica è innanzitutto magia. Perché la musica ci rende liberi. La musica salverà il mondo perché è una delle poche cose che superano le barriere create molto spesso dalle parole, o meglio, dal fraintendimento delle parole. Dopo il silenzio, ciò che meglio descrive l’inesprimibile è proprio la musica. Dove le parole non arrivano, la musica ci parla. Molto spesso i pensieri muoiono una volta esternati, mentre la musica conserva ed eterna le emozioni e le idee, perché è il magico linguaggio dell’anima.
La neonata Magic Opera con il suo inedito “The Golden Pentacle” proietta l’ascoltatore in un mood fantastico molto caro al genere power metal, e lo fa in una maniera così naturale da emozionare già dalle prime note. Questo grazie all’atmosfera sprigionata che cattura e rapisce l’ascoltatore attraverso l’ingenua nostalgia di un sound forse negli anni inflazionato, ma dal quale è sempre un piacere essere rapiti, soprattutto se la qualità e la dedizione sono di questa, ottima fattura. Il tutto in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo. Questo nuovo progetto del tastierista Marco Garau nasce da una costola dei Derdian, gruppo power metal sinfonico lombardo: oltre al mastermind, troviamo infatti anche Salvatore Giordano alla batteria ed Enrico Pistolese al basso. Chiudono la lineup Anton Darusso alla voce e le due chitarre di Gabriel Tuxen e Matt Krais.
Come avete già intuito dalla premessa, questo lavoro si rivolge soprattutto agli amanti del symphonic power metal, un genere che negli anni ha dimostrato di sapersi ritagliare la propria nicchia di fan. Come suggerisce moniker scelto dal gruppo, ci troviamo al cospetto di una vera e propria Metal Opera. Da ciò ne deriva anche la struttura e la composizione musicale che fluisce come un’unica grande composizione di oltre sessanta minuti di durata, divisa in più capitoli attraverso i singoli brani. Come apertura ci è sembrata una scelta molto azzeccata la titletrack ‘The Golden Pentacle’ che dopo un incipit introduttivo si rivela una bellissima opener. Successivamente troviamo un passaggio intitolato ‘Elixir of Life’ che potrebbe essere uscita da Emerald Sword dei mitici Rhapsody. Degna di nota è ‘Never Ending Pain’ dove i nostri osano persino un bellissimo passaggio neoclassico in growl che si incastra alla perfezione nel brano senza assolutamente risultare una forzatura. In ‘Fight for the Victory’ troviamo la tipica battle song stile viking metal con il chorus da cantare a squarciagola. Giungendo a metà della nostra Opera troviamo un vero e proprio gioiello intitolato ‘The Secret of the Sea’, un meraviglioso connubio di tutto ciò che probabilmente vuole essere questo nuovo progetto musicale: epicità, poesia, malinconia, classe e fervore.
‘The Sacred Legacy’ è probabilmente il pezzo più barocco del lotto. Intriso di neoclassicismi e orchestrazioni corali molto ben riuscite. Inoltre, in questo brano si distingue particolarmente il cantante Anton Darusso con la sua versatilità e potenza non indifferente. ‘The Other Side’ è un’immancabile ballad mid time piuttosto anonima. Nel finale l’asticella viene alzata di nuovo con le due ottime cavalcate ‘Thief of Soul’ e ‘Until the End of Time’ due brani molto riusciti che chiudono la composizione, in entrambi si apprezzano soprattutto le qualità tecniche di tutti i musicisti della band, con una nota di merito in particolare per i due chitarristi Gabriel Tuxen e Matt Krais davvero a loro agio con i virtuosismi e la solidità del sound messe più che egregiamente a disposizione del formidabile esecutore alla tastiera ed ottimo compositore Marco Garau. Davvero ottima la produzione, considerato che il disco viene rilasciato in maniera indipendente. L’unica perplessità è quella di sentire Salvatore Giordano alla batteria che sembra piuttosto relegato al suo ruolo senza troppa personalità. Nel 2021 ci si aspetta comunque un qualche svecchiamento oltre la tipica doppia cassa a manetta ormai fin troppo abusata in ambito power. Partendo da quest’ultima critica possiamo riassumere il difetto più grande di questa Opera, e cioè la sua poca originalità. Ottima esecuzione, tanta ispirazione, perfetto il coinvolgimento ma il tutto rimane forse un po’ troppo vincolato dalle strette catene della tradizione. Un difetto che naturalmente può anche essere un pregio per i più nostalgici e per gli amanti del power metal vecchio stile.
Ciò che contraddistingue “The Golden Pentacle” è la passione profusa, quell’ingenua e autentica passione di fare buona musica, che serve oggi come non mai in un mondo in cui l’uomo è rinchiuso nelle proprie paure – e proprio per trascendere questo mondo che esiste il power metal, con la sua energia e la sua epicità. Un’epicità di cui quest’album è intrisa: i Magic Opera di Marco Garau riescono infatti ad evocare fantastici paesaggi, scontri epici e magiche avventure. “The Golden Pentacle” dei Magic Opera è dunque un buon album, un degno rappresentante del suo genere ed un ottimo punto di partenza per il futuro musicale di Marco Garau e soci.