Recensione: The Great Execution
A distanza di circa tre anni dal precedente ottimo Southern Storm, i Krisiun si riaffacciano sul panorama death metal con un nuovo album, The Great Execution. Registrato con sola strumentazione analogica, The Great Execution si configura come un interessante tassello nella discografia della band brasiliana – che invero non ha mai brillato per varietà – grazie a qualche elemento di novità che andremo ad analizzare di qui a poco. Chi già conosce qualche altro disco dei Krisiun sa perfettamente cosa aspettarsi, mentre chi dovesse approcciarsi adesso alla loro musica potrebbe ritenere utile sapere che siamo al cospetto di uno dei nomi storici del brutal death, e che il loro sound si è sempre contraddistinto per inaudite violenza e velocità.
Poco fa si accennava a novità, ma gli affezionati della band non temano: i Krisiun sono i carroarmati di sempre, la sostanza è rimasta fondamentalmente la stessa ed è ormai supportata da una padronanza tecnica, da parte dei tre musicisti, assolutamente degna di nota. Le chitarre conservano il loro taglio plumbeo e potente, gli assoli sono belli coinvolgenti, la batteria è una schiacciasassi inarrestabile, e i ruggiti di Alex Camargo hanno mantenuto inalterata la loro aggressività. L’elemento di novità si chiama mid-tempo: per la prima volta in un disco dei Krisiun non è la velocità sparata a mille a fare sempre da padrona. Stavolta, il sound è più articolato e si snoda con più coraggio tra le mitragliate tipiche del gruppo, rallentamenti e aperture inedite (tra cui spiccano interventi di chitarra acustica, cortesia della guest star Marcello Caminha), che mettono in luce una certa attenzione in fase di songwriting al fine di differenziare maggiormente lo stile del gruppo. A fare il paio coi suddetti rallentamenti, abbiamo riff decisamente più melodici e “musicali” rispetto alla media dei Krisiun, che donano alle canzoni risvolti non di rado inaspettati. A proposito di sorprese, tra l’altro, è da segnalare la presenza di João Gordo dei Ratos de Porão (famosa band hardcore/punk brasiliana) in qualità di guest vocalist nella nona traccia.
Se quindi Southern Storm aveva aperto la strada verso un sound meglio calibrato e più vario, The Great Execution rappresenta un ulteriore passo in quella direzione; un passo forse più lungo della gamba, però. L’impressione è che i Krisiun si siano lasciati prendere un po’ troppo la mano, e abbiano allungato a dismisura composizioni che probabilmente avrebbero espresso meglio la loro potenza se contenute in una durata più compatta. La maggior parte delle tracce, infatti, dura intorno ai sei minuti, con picchi che in alcuni casi vanno oltre gli otto! Arrivati a circa metà del disco è facile avvertire un po’ di noia, che la travolgente brutalità del sound riesce a mitigare solo parzialmente. Il risultato è che l’intero album dura un’ora, ma il sound dei Krisiun – per quanto si faccia forte di benvenuti rinnovamenti – semplicemente non è abbastanza vario per reggere un minutaggio così esteso. Come si diceva poc’anzi, la sostanza della loro musica è rimasta perlopiù immutata, e se uno stile così intransigente funzionava ottimamente con assalti di durata media o breve, la situazione cambia quando tale durata inizia ad essere ampliata, e questo tipo d’approccio inizia dunque a mostrare i suoi limiti. Se da un lato i Krisiun sono stati bravi a smuovere un po’ le acque, dall’altro devono ancora trovare il giusto equilibrio.
Il quadro descritto finora potrebbe far pensare ad un album poco riuscito, ma in realtà non è così: nonostante una certa prolissità, nel complesso The Great Execution funziona. Qualche momento di stanchezza c’è, ma il livello delle canzoni è più che buono (con alcuni episodi invero molto coinvolgenti), il disco nella sua interezza si assesta ben al di sopra della sufficienza e può comunque contare sulla maestria tecnica e l’entusiasmo a cui i Krisiun ci hanno sempre abituati. Di certo, però, la particolare osticità della proposta rende questa loro nuova fatica, forse oggi ancor più che in passato, indirizzata esclusivamente ad ascoltatori già del tutto abituati a certe sonorità, che non hanno paura di avere le proprie orecchie martellate per un’ora da un assalto sonoro tanto potente quanto monocorde.
Giuseppe Abazia
Tracklist
01 – The Will to Potency (06:23)
02 – Blood of Lions (05:06)
03 – The Great Execution (05:18)
04 – Descending Abomination (05:45)
05 – The Extremist (05:57)
06 – The Sword of Orion (07:59)
07 – Violentia Gladiatore (05:37)
08 – Rise and Confront (05:13)
09 – Extinção em Massa (06:01)
10 – Shadows of Betrayal (08:38)
11 – Black Force Domain (05:03) (versione ri-registrata, solo sull’edizione limitata)
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