Recensione: The Great Fall
Pur essendo una band molto giovane, non si può certo dire che i Narnia difettino di esperienza o ispirazione musicale, essendo riusciti, nei loro appena sette anni di vita, ad arrivare già al loro quarto studio album . Quindi, dopo aver già messo sul mercato “The Awakening” (1998), “Long Live to the King” (1999) e “Desert Land” (2001), il gruppo fondato nel 1996 dal cantante svedese Christian Liljgren e dal chitarrista Carljohann Grimmark torna sulle scene metal con questo “The Great Fall”, che vede tra l’altro la presenza di guest come il batterista Anders Johansson (Hammerfall) e del cantante Eric Clayton (Saviour Machine). La ricetta proposta è la medesima dei primi tre dischi, ovvero un heavy metal molto melodico (e non per nulla loro dicono di essere parte della cosiddetta New Wave of Swedish Melodic Metal), che però alle pregevoli basi musicali
non disdegna l’accompagnamento del sano metallo pesante, a tratti in versione power e in altri abbastanza in linea con quello del tipico Heavy Metal tedesco, anche se meno graffiante e dotato di maggior pulizia sonora, per non uscire dal quel contesto di “Melodic” al quale appunto i Narnia appartengono. Interessanti alcuni parti di certe canzoni, come ad esempio “No time to Lose”, molto estrose, che rivendicano sicuramente delle influenze progressive, che seppur non dominanti riescono a dare un tocco di imprevedibilità all’opera, il che fa sempre bene. L’unico problema vero
dell’album è forse la banalità a livello compositivo di alcuni pezzi, tra l’altro molto lunghi, che fanno scendere il livello complessivo del disco, di per sè tutt’altro che male.
The Great Fall si apre con la classica canzone di preludio, intitolata (originale direi…) “War Preludim”, che ci porta nel classico stato di attesa, su un’aria in crescendo, basato su suoni cupi e portatori di un senso di inquietitudine. Si presenta anche una voce narratrice che ci prende per mano, raccontando, con molta rassegnazione direi, a cosa siamo destinati. Non è il modo più innovativo per aprire un album, ma di sicuro è preciso. Gran bella introduzione per “The countdown has Begun”, basato su un motivo di chitarra elettrica e un buon drumming di fondo. La canzone si sviluppa in un heavy powereggiante, diciamo quasi alla Stratovarius per
tipo di melodia usata, che però risulta meno complessa strumentalmente e un pò più ruvida. Convincente a metà la voce, per una canzone un pò ripetitiva, intro a parte, il che ci riporta a quella banalità compositiva di cui sopra. Anche l’assolo è tutto tranne che vario o nuovo. Lunghissima e abbastanza heavy “Back to Hell”, traccia dai riff sporchi, anche grezzi se vogliamo, ma carichi e che lasciano a un certo punto spazio (per poi avere una alternanza) a una buona melodia di fondo, accompagnata stavolta da un buon cantato, che sicuramente si associa meglio alle parti melodiche che non a quelle più ruvide. Ottimo il drumming e tutta l’intro di “No Time to Lose”, che associa una buona fusione di riff lenti e pesanti a delle ottime tastiere, e chitarra elettrica a svariare sul fondo. La song è lenta, molto curata ed enfatizzata nel cantato. Decente il bridge, melodico il refrain, che non è una perla, ma si lascia ascoltare. Efficaci le backing vocals. Bel motivo di piano quello che inaugura “Innocent Blood”, ennesima song molto lunga (ben oltre i 7 minuti), che si mantiene più o meno sulle tematiche heavy di Back From Hell, anche se con una maggiore suspance. Riff puliti e ben legati tra di loro nei passaggi clou, discreto Liljgren al microfono (che ha si una voce intonata, anche se non mi convince affatto la pulizia vocale),
e in sostanza pezzo più che discreto anche questo, anche se non sempre si riesce a reggerlo per tutta la sua durata. Dipende molto dagli stati d’animo. Cupo basso di introduzione per la strumentale “Ground Zero”, basso che viene accompagnato da taglienti e minacciosi giri chitarristici, che però lasciano presto spazio a una buona melodia di lead guitar, abbastanza di pathos. Più varietà di riffs all’interno della stessa song, che presenta diversi cambi di ritmo improvvisi. Nel complesso Ground Zero non è, chiariamoci, eccezionale, ma non essendo distratti dal cantato dimostra che la band, per non essere una grandissima realtà, agli strumenti non se la cava male, senza ovviamente strafare. Molto coinvolgente l’arpeggio iniziale di “Judgement day”, che si sviluppa in un pezzo decisamente power, anche se di buon carisma. Bene stavolta il mixaggio tra la voce e gli strumenti, anche se nella song di parti melodiche, a parte l’arpeggio iniziale che ogni tanto viene riproposto, non se ne vedono proprio. Praticamente tutto l’inverso di “Desert Land” che pur essendo brevissima fa della melodia di chitarra (unico strumento usato, salvo un minimo di basso) la sua ragion di essere, con una buona composizione, che crea un’aura di tristezza, così come deve darla una terra deserta. L’album si chiude con la traccia in assoluto più maestosa, “The Great Fall of Man”, mezzo lento di ben 14 minuti e 19 che si avvale della riuscitissima presenza di un coro che dispensa ottime cose. Eccellenti le sinfonie usate, che alzano da sole la media del disco, così come ottime sono tutte le parti puramenti strumentali, di qualunque strumento si tratti. Questa sì è forse una song di caratura superiore, sicuramente su un altro pianeta rispetto alle sue compagne, e degna di essere paragonata ai migliori pezzi lenti di numerose band di sicuramente maggior spicco dei Narnia, senza sfigurare.
In sostanza che dire, l’album rispecchia fedelmente quello che la band si era proposta, ovvero un più che discreto heavy/power melodico. Se lo volete acquistare per l’originalità, lasciate pur perdere, non trovate nulla di nuovo, se invece volete avere nel complesso un più che sufficente disco, seppur si possa trovare di meglio, provate pure i Narnia. Sicuramente dopo aver sentito “The Great Fall of Man” non rimarrete delusi.
Riccardo “Abbadon” Mezzera
Tracklist :
1) War Preludium
2) The Countdown has begun
3) Back from Hell
4) No time to Lose
5) Innocent Blood
6) Ground Zero
7) Judgement day
8) Desert Land
9) The Great fall of Man