Recensione: The Great Tribulation
Un Heavy Metal un po’ più aggressivo od un Thrash meno irruento, si può definire in questi due modi quello che esce dai solchi di ‘The Great Tribulation’, nuovo album degli australiani Elm Street.
La band ha iniziato la sua carriera nel lontano 2003, portando per cinque anni il nome di Raid. Forse per non entrare in concorrenza con il famigerato insetticida, nel 2008 ha trasformato il monicker nell’attuale Elm Street per debuttare, nel 2011, con il Full-Length ‘Barbed Wire Metal’.
Nel 2013 la prima sostituzione: Anthony Longordo sostituisce Brendan Ferrugia al basso. Questi, però, nel 2016 poco prima del secondo Full-Lenght, ‘Knock ‘Em Out … With a Metal Fist’, abbandona.
Il suo posto viene preso da Nick Ivkovick, ancora presente, ma, a parte l’EP ‘Blood Diamond’ del 2019, la produzione discografica della band si ferma fino a questo ‘The Great Tribulation’, disponibile dal 27 ottobre 2023 via Massacre Records.
Possiamo dire: una discografia rada per una band abbastanza stabile, ma non importa, quello che conta è la qualità e questa in ‘The Great Tribulation’ proprio non manca.
Colpisce subito il netto contrasto tra la musica e la voce di Ben Batres, la prima carica di melodie roventi ma tendenti al classico, la seconda ruvida, furiosa, dai tratti più contemporanei. È un connubio particolare, che ad un ascolto superficiale può anche infastidire … però, se non ci si arrende al “click” del cambio facile ma si approfondisce, ci si fa l’abitudine e finisce per piacere. È la particolarità degli Elm Street, il loro tocco personale con il quale portano l’antico ai giorni nostri.
Altra caratteristica sono le canzoni lunghe: già nel secondo album la band aveva manifestato una qual certa tendenza a comporre tracce dall’ampio minutaggio, con ‘Sabbath’ di 6,20 minuti, ‘Blood Diamond’ di 11,53 e ‘Leave It All Behind’ di 7,20, ad esempio.
In’ The Great Tribulation’ va oltre, con cinque tracce su un totale di otto che stanno tra i 6,00 ed i 7,00 minuti ed una, ‘Seven Sirens’, che supera nuovamente gli 11,00.
Guarda caso gli unici pezzi brevi, ‘Take the Night’ di 2,44 minuti e ‘The Price of War’ di 3,09, sono i più orecchiabili ed anche quelli messi in giro come singoli e video … come dice un mio caro amico “immediatezza e visibilità nel web vanno a braccetto”.
Per il resto, in questo nuovo album gli Elm Street mantengono il loro carattere bellicoso cercando però una maggiore attenzione verso l’articolazione delle performance che non verso le tirate a tutto braccio.
Le influenze che si percepiscono appartengono un po’ a tutto il mondo del Metal classico, dai riff dinamici dei Judas Priest alle andature più scure dei Black Sabbath, dalle melodie degli Iron Maiden ai cori degli Accept fino al Thrash dei Metallica o dei conterranei Mortal Sin.
Il tutto dando più importanza al pathos che non al tecnicismo e senza entrare nella sfera del Progressive, nonostante le molte dinamiche, i cambi di tempo e le atmosfere che generano i vari pezzi.
Sono molto valide le già citate ‘Seven Sirens’, i cui undici minuti di ferro e fuoco scorrono quasi senza rendersene conto, ‘Take The Night’ e ‘The Price of War’, coinvolgenti e da palco, e poi ‘Behind The Eyes of Evil’, spettrale all’inizio e dopo durissima, e la ballata ‘The Dark Side of Blu’, malinconica, con un po’ di orchestrazioni ed un emozionante assolo di chitarra acustica.
Meno duttili ‘If Provoked, Will Strike’ e ‘A State of Fear’, la cui lunghezza è un’arma a doppio taglio che le porta ad essere prolisse.
Alla fine, comunque, ‘The Great Tribulation’ è un bel disco, prodotto anche bene, con solo un paio di pezzi difficili da assorbire.
Non si urla “… miracolo!”, non c’è nulla di nuovo ma gli Elm Street hanno comunque una forte personalità che li rende riconoscibili e li fa uscire dalla massa. Va bene così … attendiamo il prossimo lavoro.
‘The Great Tribulation’ analizza i tempi difficili di oggi ed il lato oscuro della vita. Colpisce la sua copertina, disegnata da Andreas Marschall: un bambino con un carro armato giocattolo in mano che guarda la terribile distruzione causata dalla guerra: tutti ci abbiamo giocato da piccoli (alcuni anche da grandi) senza comprendere quello che può comportare veramente.
L’album è stato registrato presso i Sing Sing Studios di Melbourne da Luke Cincotta (Airbourne, The Amity Affliction, Butterfly Effect, Karnivool, Northlane), mentre è stato mixato da Michael Mainx (Toxpack, Tankard, Destruction).