Recensione: The Human Condition
I Saga ricominciano da capo. E il primo passo è, parafrasando, piuttosto incerto.
Sembra buffo immaginare una band con trent’anni di carriera alle spalle doversi reinventare in seguito alla dipartita del suo uomo più rappresentativo, quel leader carismatico e dalle eccezionali doti interpretative che risponde al nome di Michael Sadler.
Non è la prima volta, naturalmente, che un avvicendamento assume un’importanza così delicata, e non è la prima volta – anzi è praticamente la regola – che il conseguente responso della critica si possa riassumere in una serie di nasi storti.
Piuttosto che mettere in discussione l’esistenza del progetto, i songwriter, categoria “proverbialmente testarda”, si incaponiscono a voler continuare su una strada che ha connotati ormai definiti, e scelgono, come era scontato, un singer molto diverso da Sadler. Rob Moratti, già singer dei Final Frontier, è l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
La sua timbrica sottile e acuta, rende necessari degli sforzi compositivi e arrangiamentali molto fuori standard per i mastermind Ian e Jim Crichton, che si rifugiano per questo “The Human Condition” in melodie non convenzionali, ai limiti del dissonante, scegliendo per il malcapitato linee tutt’altro che ariose e cantabili, e saturando oltremodo la voce di Moratti con effetti distorsivi che la rendono ancor meno personale e comunicativa di quanto – poco – potesse e sapesse fare al naturale. La tecnica in questo caso non aiuta, anzi, accentua maggiormente il distacco dall’evocatività che i Saga – permettetecelo, Michael Sadler – fanno da sempre permeare dai loro intrighi ritmici.
Sembrano quasi goffi i tentativi dei nostri di etichettare come “nuova attitudine progressive” quello che di “Saga” ha ormai solo il nome, e che fin dalla titletrack, posta in apertura, è evidente: la band sterza verso un approccio totalmente neo-prog, decisamente mal visto da gran parte degli appassionati di un genere, l’art/pomp, che addirittura aveva visto – fino a ieri – i canadesi tra i propri capisaldi. Brani spogliati di pathos e atmosfera, che si aggrappano maldestramente a titoli di dubbia e banale evocatività come “Avalon” e “Crown Of Thorns”, fanno di questa release una pugnalata al cuore per un fan di vecchia data.
Lo stesso artwork sembrerebbe suggerire, neanche troppo velatamente, la svolta in senso neo-prog, oserei dire quasi prog metal (gli staccati e gli sweep di Crichton, e i suoi innesti fusion e jazz sono così fuori luogo da far quasi tenerezza), obnubilata retoricamente dalla presenza dell’arco in legno, ultimo barlume di umanità in un folle – e forse disperato – tentativo di ritrovare l’identità perduta.
Speriamo (per la band) che i fan recepiscano questo cambio di stile come un’evoluzione, ma la sensazione che si tratti di un clamoroso flop, sotto ogni punto di vista, è tutt’altro che apparente.
I Saga erano Michael Sadler.
Tracklist:
- The Human Condition
- Avalon
- A Number And A Name
- Let It Go
- Now is Now
- Crown Of Thorns
- You Look Good To Me
- Hands Of Time
- Step Inside
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